Nasce in un tempo particolare un "diario in rete".

Tinkunakama, parola in lingua quechua che potrebbe avvicinarsi alle traduzioni: fino a quando ritorneremo ad incontrarci, oppure ancora: fino alla prossima volta.

Un saluto che non pone fine alla relazione, ad un incontro avvenuto, ma spalanca la speranza futura.

Ci rivedremo, per il momento ti porto nel cuore!

giovedì 29 aprile 2021

SANTA CATERINA DA SIENA PATRONA D'ITALIA E D'EUROPA

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».


Il messaggio di Gesù è rivolto a tutti, ma è accolto solo dai semplici. Così Caterina ha vissuto il suo rapporto intimo con il Signore: dando tutta se stessa a Lui, amato e imitato al punto da diventarne ambasciatrice presso il suo Vicario, che lei chiamava "dolce Cristo in terra".

domenica 4 aprile 2021

I PIEDI DEL RISORTO

I PIEDI DEL RISORTO 











Carissimi,

Io non so se nell’ultima cena, dopo che Gesù ebbe ripreso le vesti, qualcuno dei dodici si sia alzato da tavola e con la brocca, il catino e l’asciugatoio si sia diretto a lavare i piedi del maestro. Probabilmente no. C’è da supporre comunque che dopo la sua morte ripensando a quella sera, i discepoli non abbiano fatto altro che rimproverarsi l’incapacità di ricambiare la tenerezza del Signore. 

SANTA PASQUA 2021

Pasqua

I Vangeli ci raccontano numerose apparizioni del Risorto avvenute nel giorno di Pasqua. Se è lecito esprimere delle preferenze, quella che mi commuove di più è l'apparizione a Maria di Magdala, piangente accanto al sepolcro vuoto. Le si avvicina Gesù e le dice: "Perché piangi?". Donna, le tue lacrime non hanno più motivo di scorrerti dagli occhi. A meno che tu non pianga per gioia o per amore. Vedi: la collina del Calvario, che l'altro ieri sera era solo un teschio coperto di fango, oggi si è improvvisamente allagata di un mare d'erba. 

PASQUA 21



Santa Pasqua 2021

 

 

Dal Vangelo secondo Marco Mc 16,1-8

Il racconto pasquale incomincia con l’indicazione del tempo: è il giorno dopo il sabato, e siamo al sorgere del sole. Entrambe le indicazioni segnalano che sta nascendo qualcosa di nuovo: il sabato, pilastro del giudaismo, è ormai superato da ciò che avviene nel “giorno dopo il sabato”; il sole che sorge allude quasi sicuramente al sorgere di un nuovo sole, quello del Risorto che cambia l’uomo. Per il resto, tuttavia, nulla lascia presagire la grande novità che viene raccontata; pur trattandosi del messaggio centrale del cristianesimo, una grande sobrietà caratterizza tutta la narrazione. Mentre per la passione una folla di personaggi aveva assistito all’umiliazione di Gesù, ora l’annuncio della risurrezione è affidato come segreto prezioso a poche donne e poi ai discepoli. Segno, anche questo, di uno stile di Dio che non smette di essere quello della “potenza nella debolezza”, perché la risurrezione non significa la vittoria di Dio nel senso trionfalistico del termine, ma è proprio il riconoscimento che Dio fa del crocifisso come colui nel quale si manifesta il suo modo di essere e di agire.

Personaggi centrali sono le donne, mentre i discepoli appaiono soltanto come destinatari del messaggio delle donne e di una futura apparizione di Gesù. Esse erano già presenti durante la passione e la sepoltura, e ora sono le prime destinatarie dell’annuncio pasquale; esse sono dunque le custodi della continuità della vicenda di Gesù.

Sono vere discepole soprattutto perché hanno imparato da lui il segreto vero della vita, lasciandosi modellare dal suo esempio. Non ci può essere complimento migliore per chi crede! Diversamente dai discepoli, esse non hanno abbandonato Gesù neanche della morte; hanno condiviso, a loro modo, il patire di Gesù, e hanno espresso la vicinanza a lui attraverso l’ultimo gesto che era loro possibile: la cura del suo corpo. È proprio nell’espletamento di questo gesto che hanno la grazia di conoscere, per prime, l’annuncio di Pasqua.

Manifestazione della fedeltà di Dio che risuscita suo figlio, la risurrezione manifesta anche la fedeltà di Dio all’uomo; il cammino delle donne, che sembrava finire nel nulla con la loro azione estrema sul cadavere di Gesù, riceve ora un’apertura inaspettata. Gesù è vivo e le donne capiscono che non si sono ingannate nel porre la loro fiducia in lui; seguirlo non è dunque un’illusione, ma il vero modo per realizzare la vita. 

I discepoli avevano abbandonato Gesù, non si erano dimostrati degni del loro nome, ma Gesù resta loro fedele; l’annuncio dell’apparizione riservata a loro è anche l’annuncio di un perdono che viene loro accordato e che li rende ora propriamente “discepoli”, per la forza della grazia pasquale. Egli apre loro un cammino nuovo, in cui li precede: tale è il significato dell’appuntamento in Galilea, là dove aveva avuto inizio il loro cammino con lui.

 

Per giovani 

Il volto: l’apparire e l’apparenza

Appunti per un viaggio spirituale

 

 

Il mistero della Pasqua è la profondità dell’amore di Dio, da cui nasce un appello e ancor prima una grazia, una vita, che rappresenta un’autentica creazione: “alzati!”.

Vescovo Francesco

 

I PIEDI DI GIOVANNI

 

Carissimi,

è proprio un arrampicarsi sugli specchi voler trovare nei singoli beneficiari della lavanda dei piedi operata da Gesù, la sera del giovedì santo, altrettanti simboli delle diverse condizioni umane sulle quali egli, per impegnarci in un servizio preferenziale di amore, ha inteso richiamare la nostra attenzione?

Ed è proprio fuori posto vedere in Giovanni l’emblema di quel mondo ad alto rischio che si chiama gioventù, e che oggi, nonostante il grande parlare che se ne fa e nonostante il timore non sempre reverenziale che esso incute, tarda ancora a divenire il referente privilegiato della nostra diaconia ecclesiale?

Ed è proprio una forzatura concludere che il Maestro, piegato sui piedi di Giovanni, il più giovane della compagnia, è l’icona splendida di ciò che dovrebbe essere la Chiesa, invitata dal quel gesto a considerare i giovani come “ultimi”, non tanto perché ai gradini più bassi della scala cronologica della vita, quanto perché ai livelli più insignificanti nelle graduatorie di coloro che contano?

Penso proprio di no.

Anzi, se qualcuno, fuorviato chiasso che fanno, dovesse giudicare demagogica l’affermazione che i giovani oggi non hanno voce, mostra di aver frainteso il senso delle tenerezze espresse da Gesù verso quel mondo che ha sempre fatto fatica a farsi ascoltare.

La figlia di Giairo, il servo del centurione, l’unigenito della vedova di Nain, il giovane ricco il figliol prodigo… sono indice di uno sbilanciamento del Signore nei confronti di coloro che, pur essendo oggetto di invidia struggente, hanno da sempre accusato un deficit pesantissimo in fatto di accoglienza.

Ma torniamo ai piedi di Giovanni.

Come motivo iconografico, ma anche come suggestione omiletica, non hanno avuto molto fortuna.

E dire che la mattina di Pasqua, nella corsa verso il sepolcro, si sono dimostrati di gran lunga più veloci di quelli di Pietro, aggiudicandosi, a un palmo della tomba vuota, la prima edizione del trofeo “fede, speranza e carità”.

Ma al di là dello scatto irresistibile del giovane sull'affanno impacciato del vecchio, quei piedi non sono entrati nell'immaginario della gente.

La spiegazione è semplice: la testa del discepolo ricurva sul petto del Maestro ha distratto l'attenzione dal capo del Maestro chino sui piedi del discepolo.

È una riprova ulteriore di come, anche nella Chiesa, le lusinghe emotive della teatralità prevaricano spesso sulla crudezza del servizio terra terra.

Che cosa voglio dire? Che noi ci affanniamo, sì, a organizzare convegni per i giovani, facciamo la vivisezione dei loro problemi su interminabili tavole rotonde, li frastorniamo con l'abbaglio del meeting, li mettiamo anche al centro dei programmi pastorali, ma poi resta il sospetto che, sia pure a fin di bene, più che servili, ci si voglia servire di loro.

Perché diciamocelo con franchezza, i giovani rappresentano sempre un buon investimento. Perché sono la misura della nostra capacità di aggregazione e il fiore all'occhiello del nostro ascendente sociale. Perché se sul piano economico il loro favore rende in termini di denaro, sul piano religioso il loro consenso paga in termini di immagine. Perché, se comunque, è sempre redditizia la politica di accompagnarsi con chi, pur senza soldi in tasca, dispone di infinite risorse spendibili sui mercati generali della vita.

Servire i giovani, invece, è tutt'altra cosa.

Significa considerarli poveri con cui giocare in perdita, non potenziali ricchi da blandire furbescamente in anticipo.

Significa ascoltarli. Deporre i panneggi del nostro insopportabile paternalismo. Cingersi l'asciugatoio della discrezione per andare all'essenziale. Far tintinnare nel catino le lacrime della condivisione, e non quelle del disappunto per le nostre sicurezze predicatorie messe in crisi. Asciugare i loro piedi, non come fossero la pròtesi dei nostri, ma accettando con fiducia che percorrano altri sentieri, imprevedibili, e comunque non tracciati da noi.

Significa far credito sul futuro, senza garanzie e senza avalli. Scommettere sull'inedito di un Dio che non invecchia. Rinunciare alla pretesa di contenerne la fantasia. Camminare in novità di vita verso quei cieli nuovi e quelle terre nuove a cui si sono sempre diretti i piedi di Giovanni, l'apostolo dagli occhi di aquila, che è morto ultracentenario senza essersi stancato di credere nell'amore.

Servire i giovani significa entrare con essi nell'orto degli ulivi, senza addormentarsi sulla loro solitudine, ma ascoltandone il respiro faticoso e sorvegliandone il sudore di sangue.

Significa seguire, sia pur da lontano, la loro via crucis e intuire, come il Cireneo ha fatto con Gesù, che anche quella dei giovani, abbracciata insieme, è una croce che salva.

Significa, soprattutto, essere certi che dopo i giorni dell'amarezza c'è un'alba di risurrezione pure per loro.

E c'è anche una pentecoste. La quale farà un rogo di tutte le scorie di peccato che invecchiano il mondo. E attraverso la schiena della terra adolescente con un brivido di speranza. Saremo capaci di essere una chiesa così serva dei giovani, da investire tutto sulla fragilità dei sogni?

don Tonino Bello

 


 

 

 

sabato 3 aprile 2021

QUINTA

Locatello 

Venerdì Santo 2 aprile 2mila21

 

 

 

Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 

 

Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore.

 

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato".

 

Luca 4,16-21

 

GLI UNI I PIEDI DEGLI ALTRI

GLI UNI I PIEDI DEGLI ALTRI


Carissimi 

Ve lo confesso: è stata una sorpresa anche per me. Non avevo mai dato troppo peso, infatti, a questa espressione pronunciata da Gesù dopo che ebbe finito di lavare i piedi ai discepoli: “anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”. Gli uni gli altri, a vicenda, cioè. Scambievolmente. Questo vuol dire che la

SABATO SANTO 21

Il Sabato Santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e la sua morte, nonché la discesa agli inferi, e aspettando la sua risurrezione, nella preghiera e nel digiuno.

Spogliata la sacra mensa, la Chiesa si astiene dal sacrificio della Messa fino alla solenne Veglia o attesa notturna della risurrezione. L’attesa allora lascia il posto alla gioia pasquale, che nella sua pienezza si protrae per cinquanta giorni. 

venerdì 2 aprile 2021

I PIEDI DI BARTOLOMEO

I PIEDI DI BARTOLOMEO

 



Carissimi,

L’altro giorno ho ricevuto questa lettera. 

“Caro Vescovo, io non sono né marocchino, né tossicodipendente, né sfrattato. Temo, perciò di non avere udienza presso di te. Perché ho l’impressione che oggi, se non si appartiene a quel campionario di umanità che ha a che fare con la violenza, con la prostituzione, con la miseria economica e morale, non si è in possesso dei titoli giusti per entrare nel cuore di Dio. Ma è colpa mia se la casa io ce l’ho e il lavoro anche? Debbo farmi uno scrupolo se non ho mai rubato e in tribunale non ci sono mai entrato neppure come testimone? Mi devo proprio affliggere se grazie a Dio non ho grossi problemi di salute né soffro di solitudine? Quando ti sento parlare degli ultimi e affermi che la chiesa a imitazione di Gesù, deve esprimere un amore preferenziale verso coloro che sono precipitati nell’avvilimento dell’alcool, io, che per giunta sono astemio, mi sento quasi un escluso. È mai possibile mi chiedo che il Signore mi scarti solo perché non frequento le bettole e la sera mi ritiro a casa in orario? Debbo proprio ritenere una disgrazia il fatto che nella graduatoria sia pur effimera dell’estimazione pubblica, invece degli ultimi posti, occupo posizioni di tutto rispetto? Ricco non sono, ma non mi manca il necessario per tirare avanti con una certa tranquillità. Non ho mai tradito mia moglie. I miei figli che non sono né malati di AIDS né disoccupati, mi danno tantissime soddisfazioni. Mi reputo fortunato. E sarei l’uomo più felice della terra se, da un po’ di tempo a questa parte, a seguito di certi discorsi che ascolto in chiesa e a certe lettere che scrivi tu, non mi fosse venuto il dubbio che senza un certificato di emarginazione, vistato magari dalle patrie galere, mi sarà difficile l’ingresso nel Regno di Dio. Dimmi, vescovo: ma un po’ d’acqua nel suo catino Gesù Cristo ce l’avrebbe anche per me?”

VENERDI SANTO 2021

Lo stupendo affresco della passione e morte del Cristo secondo Giovanni, pur ricalcando la tradizione precedente testimoniata dagli altri evangelisti, ha delle aree nuove, caratteristiche del quarto Vangelo. Pensiamo al dialogo tra Gesù e Pilato sulla "verità", alla presentazione ironica eppure inconsapevolmente profonda di Gesù nella sua umanità con il famoso detto di Pilato: "Ecce homo"; pensiamo alla solennità del Cristo che Pilato ricorda di essere solo uno strumento del misterioso piano salvifico di Dio. Ma soprattutto pensiamo all'episodio della tunica non strappata, simbolo forse dell'unità della Chiesa, alla scena della madre e del discepoli ai piedi della croce con tutti i suoi significati ecclesiali, al costato trafitto del Cristo da cui escono sangue e acqua, segni dell'eucarestia e del battesimo, secondo la tradizione cristiana. Un'intensa sequenza di eventi che agli occhi di Giovanni si trasfigurano passando dall'orizzonte storico a quello trascendente e salvifico.

giovedì 1 aprile 2021

I PIEDI DI GIUDA E DI GIOVANNI


 

Carissimi,

è più facile parlare delle labbra di Giuda che dei suoi piedi. Tutto a causa di quel bacio naturalmente. Dagli affreschi di Giotto alle tele di Salvatore Fiume, gli artisti hanno adoperato quelle labbra come simbolo del tradimento. Un tradimento che suscita reazioni emotive. Che allude. Una vigliaccata insomma che non lascia estraneo nessuno. Un mistero d’iniquità che provoca processi di identificazione e che comunque induce a riflettere. Non c’è che dire: quelle di Giuda sono labbra scomode per tutti. Se non altro perché stanno a ricordarci che anche noi ci portiamo sulla bocca la possibilità di darlo ogni giorno, un bacio infame del genere.

GIOVEDI SANTO 2021

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 13,1-15

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».



Giovanni apre la descrizione dell'ultima sera della vita terrena del Cristo con il gesto della lavanda dei piedi ai discepoli, un gesto di grande donazione e umiltà. Non per nulla Giovanni introduce questo gesto e tutti i capitoli che seguono con quella celebre frase "Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine". Il racconto comprende anche un dialogo tra Pietro e Gesù che sposta l'accento sulla purificazione della coscienza, evocata appunto dall'acqua lustrale. Ma nel finale riappare il tema dell'amore e della donazione nell'appello che Gesù rivolge ai discepoli perché "si lavino i piedi gli uni gli altri" sul suo esempio. Qualcuno ha intravisto in questo atto un simbolismo eucaristico, quello che il Cristo fa nella donazione di sé sotto il segno del pane e del vino. Giovanni, infatti, non narra l'istituzione dell'eucaristia, sostituendovi questo episodio emblematico. 

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