Servire V domenica di Quaresima 2021
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 12,20-33
Il motivo dominante di questo brano viene offerto dalla domanda iniziale dei “Greci”. Questi pagani, simpatizzanti del giudaismo e perciò venuti a Gerusalemme per adorarvi il Dio unico che gli ebrei hanno fatto loro conoscere, presentano la loro richiesta: “Vogliamo vedere Gesù”.
È evidente l’importanza della richiesta. Per l’evangelista non si tratta ovviamente solo di vedere la persona fisica di Gesù, ma del desiderio di conoscerlo veramente per quello che lui è. Chiedere di vedere Gesù significa allora chiedere di veder Dio, perché questo è il punto qualificante del mistero di Gesù.
La domanda appare improvvisa nel vangelo, ma essa è in coerenza profonda con il suo contenuto. Gesù infatti si è presentato come acqua, pane, luce, guida, vita: simboli che non sono “riservati” a qualche popolo, ma che si rivolgono all’uomo, semplicemente. Il suo messaggio perciò interessa tutti. Alla croce di Gesù sono convocati tutti, anche i pagani; è proprio nella domanda dei Greci che Gesù vede un segno che “l’ora è giunta”.
Di fronte ai rappresentanti del mondo pagano, si torna a parlare di frutto, e si chiarisce che il frutto, cioè la loro venuta a Gesù, sarà esso stesso un dono: sarà infatti reso possibile solo dalla morte del chicco di frumento, dalla morte di Gesù che, per il suo dono d’amore.
La croce sarà il punto di attrazione di tutti, perché l’amore donato da Gesù nella sua morte è l’amore stesso di Dio che, manifestato agli uomini, non si può non esercitare su di essi una forza di attrazione che apre la porta alla fede e alla conversione. Non sarà dunque possibile vedere Gesù se non in quel momento, perché solo allora si potrà contemplare l’amore di Dio che in lui è versato sul mondo per salvarlo.
Vedere Gesù non potrà essere solo un incontro esteriore, come quelli che avvengono con un uomo qualunque; anzi, questo incontro “fisico” alla maggior parte degli uomini non è possibile.
Vedere Gesù sarà possibile nella forma della fede che accetta di perdere la vita per conservarla, di fare cioè la propria vita simile alla sua, di unire anzi la propria vita alla sua, al suo dono di amore che va alla morte per gli altri.
La glorificazione di Dio altro non è che la manifestazione piena del suo amore, di un amore che ha la forza di salvare gli uomini, e quindi non è altro che l’opera del suo Figlio attraverso la quale l’umanità intera è radunata nella comunione con Dio.
Per giovani
Il volto: l’apparire e l’apparenza
Appunti per un viaggio spirituale
Per incontrare Gesù tra presente e futuro.
Avere memoria
La speranza certo non viene da sé. È atteggiamento anch’esso da coltivare con cura, lentamente, attraverso le piccole decisioni di ogni giorno: in ognuna di esse c’è una scommessa sul futuro. A sperare s’impara con la pratica, non è un sentimento che ci si impone con la volontà. Per imparare a sperare occorre imparare a ricordare. Spera solo chi ha memoria dei tratti promettenti che nella sua storia ha vissuto e che lo hanno reso capace di desiderare qualcosa perché degno di essere voluto e a sentire qualcos’altro come ingiusto. Spera, chi conserva intatto il ricordo del bene provato, che gli consenta di riconoscere il male e di attendere il ritorno del bene anche quando il male sembra dilagante. Chi ricorda spera e chi spera non ha paura: resta fedele. Continua a camminare ribadendo le sue scelte, certo che l’apparire del bene non è stato un episodio imprevisto, ma, appunto, una promessa che non mancherà di essere mantenuta. Aspettare che questo accada è la croce più grande per l’impazienza del giovane che non ha ancora imparato a decifrare i segni del tempo.
Volontà
Altro termine confuso: la volontà è quella che ti fa scalare le montagne, certo non quella che ti impegna ogni giorno a costruire legami fraterni. Questi solo se ce la sentiamo… Credi che la volontà sia da coltivare e indirizzare? La tua volontà è al servizio del tuo benessere o di quello di tutti?
Pre-adolescenti (I-II-III media)
VIVERE TRA AMICI
Salmo 38
Signore, non punirmi nella tua collera,
non castigarmi nel tuo furore.
Le tue frecce mi hanno trafitto,
la tua mano mi schiaccia.
Per il tuo sdegno, nella mia carne non c'è nulla di sano,
nulla è intatto nelle mie ossa per il mio peccato.
Le mie colpe hanno superato il mio capo,
sono un carico per me troppo pesante.
Signore, è davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito non ti è nascosto.
Palpita il mio cuore, le forze mi abbandonano,
non mi resta neppure la luce degli occhi.
I miei amici e i miei compagni
si scostano dalle mie piaghe,
i miei vicini stanno a distanza.
Tendono agguati quelli che attentano alla mia vita,
quelli che cercano la mia rovina tramano insidie
e tutto il giorno studiano inganni.
Io come un sordo non ascolto
e come un muto non apro la bocca;
sono come un uomo che non sente
e non vuole rispondere.
Perché io attendo te, Signore;
tu risponderai, Signore, mio Dio.
Segui pagina 64-65 del sussidio della quaresima: “ Dico a te alzati”.
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