Nasce in un tempo particolare un "diario in rete".

Tinkunakama, parola in lingua quechua che potrebbe avvicinarsi alle traduzioni: fino a quando ritorneremo ad incontrarci, oppure ancora: fino alla prossima volta.

Un saluto che non pone fine alla relazione, ad un incontro avvenuto, ma spalanca la speranza futura.

Ci rivedremo, per il momento ti porto nel cuore!

sabato 13 febbraio 2021

VI DOMENICA DEL T.O. 2021

VOLERE                                                         VI domenica del T.O. 2021

 

 

Dal Vangelo secondo Marco Mc 1, 40-45

La mano di Gesù che tocca il lebbroso e lo risana è il gesto di compassione con cui egli esprime la vicinanza all’umanità sofferente, ed è un atto che ricrea. Nella semplicità del gesto è insita, quindi, almeno una duplice valenza: da una parte, è la potenza creatrice di Dio che si fa presente nei gesti con cui Gesù annuncia il regno; dall’altra, sarebbe già sufficiente a stupire un ascoltatore di quel tempo il solo fatto che Gesù tocchi un lebbroso. È il segno che instaura un mondo nuovo, dove l’inviato di Dio non ha timore a toccare l’uomo immondo.

La malattia della lebbra da sempre è particolarmente odiosa; essa è come una morte, morte fisica e civile perché, oltre alla sofferenza fisica, essa causa anche una penosa separazione dal resto della società.

Il brano odierno non si ferma alla manifestazione di Gesù a favore del malato di lebbra. Leggendo con attenzione le parole di Marco, vi si trova infatti qualche annotazione insolita. Gesù esaudisce la richiesta del lebbroso, ma poi lo tratta in maniera a dir poco sbrigativa; lo 2scaccia” con parole severe (rimbrottandolo, dice letteralmente Marco) e poi gli domanda due cose. Da una parte, lo invita a non parlare dell’accaduto; dall’altra, lo esorta a presentarsi al sacerdote cui spetta, secondo la legge d’Israele, di constatare la guarigione del lebbroso, e questo a “testimonianza per loro”. Quindi: qualcuno deve pur venire a saperlo.

Come avviene altre volte, il malato esprime a Gesù un suo desiderio, che viene ascoltato, ma poi il dialogo successivo fa venire alla luce la necessità di un cammino che va oltre quell’esperienza.

Gesù invita il lebbroso a presentarsi al sacerdote, custode della legge. Il rimando fa sì che quel lebbroso viva il suo problema e la grazia ottenuta non come una cosa “privata”, ma in maniera “aperta”. Egli compie un atto che lo rimanda a Dio e alla sua misericordia, e questo a “testimonianza per loro”. Presentandosi al sacerdote, il lebbroso darà testimonianza alla potenza di Dio che è passato nella sua vita e potrà tornare a vivere liberamente con gli altri, perfettamente guarito.

Dall’altro lato, però, Gesù impone il silenzio. Esso non contraddice la necessità di rendere testimonianza, ma ne assicura la qualità: Gesù è portatore di un mistero che va molto più in là rispetto a quello che il lebbroso gli ha chiesto di fare.

Alla fine dell’episodio, Gesù resta fuori della città, preferisce luoghi deserti: si fa lui lebbroso, escluso, dopo aver aiutato un altro a rientrare nel consorzio umano. Qualche volta è necessario prendere le distanze dalla folla, proprio perché la parola della fede non sia troppo facilmente confusa con ciò che l’uomo si attende. La città si svuota e si riempie il deserto. Che cosa cerca veramente quella gente?

 

Per giovani 

Il volto: l’apparire e l’apparenza

Appunti per un viaggio spirituale

 

 

Ed ecco sono, creatura delle tue mani, argilla deforme e immagine del tuo volto. 

San Paolo VI

 

Imitare 

Quando il volto degli altri mette un po' di scompiglio nell’immagine che abbiamo di noi stessi possiamo, certo, arretrare, sottrarci al confronto, fino a rinunciare ad un’amicizia, guardare da un’altra parte o addirittura reagire, offendere, colpire. Sono questi gli esiti più estremi, quelli anche più drammatici, che fanno più sensazione, e che, quando accadono, sono meglio avvertiti dalla nostra sensibilità: offendersi, per esempio, è uno di questi casi.

In generale però il confronto con gli altri, dove si gioca la nostra immagine, accade in modo invisibile e silenzioso: sottoponiamo a verifica la nostra immagine continuamente senza che ce ne accorgiamo. Questo continuo confronto sortisce l’effetto di un costante adattamento dei nostri atteggiamenti alle indicazioni che gli altri in tanti modi ci mandano. Dare una forma nuova alla propria vita sulla parola di un altro. Parola, che spesso vien detta, appunto, nel fascino dell’agire.

Maturità

 

Non si parla più di essere maturi, tutt’al più di essere professionali, puntuali … l’efficienza ha sostituito la capacità di fare gli uomini e di crescerne altri.

I rapporti non sono più legami che fanno crescere, al massimo insegnano qualcosa, quando non fanno soltanto passare il tempo in compagnia. Come giudichi i tuoi rapporti di amicizia? Quanto ci investi? Che significato hanno nella tua vita?

 

 

 

Pre-adolescenti (I-II-III media) 

 

VIVERE TRA AMICI

 

Mettere in comune delle parole è il modo per scoprire il loro valore, ma anche le loro tante sfaccettature che determinano fraintendimenti e necessità di chiarimenti. Solo quando si inizia a parlare con un altro, volendo comunicare qualcosa di davvero importante, ci si accorge di quanto si è lontani.

 

Quando aveva detto una cosa finiva: “Se sbaglio correggimi”. Fu così che comincia a capire che non si parla solamente per parlare, per dire “ho fatto quello”, “ho mangiato e bevuto”, ma si parla per farsi un’idea, per capire come va questo mondo. Non ci avevo mai pensato prima.

C. Pavese, La luna e i falò.

 

Gli amici sono quei pazzi che riconoscono in noi ciò che noi vediamo in loro: una bellezza fantasmagorica. Senza qualcuno che la riconoscesse sarebbe comunque tale?

 

Per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni traverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno: “Oooohhhh!”. 

J. Kerouac, Sulla strada. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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