Locatello
martedì 12 gennaio 2mila21
Les contemplations. Le mediant
(Le contemplazioni. Il mendicante)
Un povero passava nel gelo e nel vento.
Battei sui vetri: lui si fermò davanti alla mia porta, io aprii con aria gentile.
Gli asini ritornavano dal mercato portando i contadini accovacciati in groppa.
Era il vecchio che vive in una catapecchia sotto la salita, e sogna, aspettando, solitario, un raggio dal cielo triste, un soldo dalla terra, tendendo le mani verso gli uomini, e tendendole giunte verso Dio.
Venite a scaldarvi, gli gridai.
Come vi chiamate? – mi disse: - mi chiamo il povero – gli presi la mano: - entrate brav’uomo -.
Gli feci portare una scodella di latte.
Il vecchio tremava dal freddo, mi parlava e io gli rispondevo, pensoso, senza capirlo.
I vostri abiti sono bagnati, - dissi, - bisogna stenderli davanti al camino.
Si avvicinò al fuoco.
Il suo mantello, blu una volta, tutto mangiato dai vermi spiegato sulla calda fornace punteggiato da mille buchi nella luce della brace copriva il focolare, simile a un cielo stellato.
E mentre lui asciugava quel povero straccio da dove gocciolavano la pioggia e l’acqua dei pantani
io lo immaginavo, quell’uomo, colmo di preghiere, e sordo alle nostre chiacchiere, e guardavo la sua veste in cui vedevo costellazioni.
Victor Hugo
Riprendo questa mattina, quello che avevo iniziato in un tempo passato, quello cioè di fermare qualche pensiero per poi condividerlo con amiche e amici. In verità, questa “collana di letterine” si era solo temporaneamente fermata, per lasciare spazio ad altre, sempre letterine, che poi allegherò alla mail. Qualcuno le aspettava, altri le attendevano, per altri ancora era solo un modo per farsi sentire.
Ogni anno peggioro nel rispondere anche solo ai messaggi di auguri per Natale! Ho risposto a quanti hanno scritto, con un messaggio “copia-incolla” solamente il 7 gennaio (vero che il tempo di Natale finisce col Battesimo di Gesù, e quindi avevo ancora qualche ora buona per non essere totalmente “fuori tempo massimo”).
Oggi però è l’occasione buona per prendersi del tempo e scrivere, animato da un foglietto giallo scritto con inchiostro rosso che continuava a spostarsi sulla scrivania da destra e sinistra cercando una collocazione. Un pezzetto di pagina che risale probabilmente al tempo dell’oratorio ad Almenno (stranamente non c’è la data), usato per chissà cosa…
Abbiamo iniziato il Tempo Ordinario ieri (e solo oggi scrivo, quindi altro ritardo). Il tempo dell’ordinarietà, di una ordinarietà da riscoprire e da recuperare nella sua importanza e nella sua bellezza: proprio questo è il “luogo della fedeltà” al Signore, lo spazio della normalità in cui si verifica la solidità e la vitalità della fede cristiana che sgorga dalla Pasqua di Cristo. Un tempo senza eventi, ma ricco della grazia del Signore che viene annunciata, giorno per giorno e di domenica in domenica, dalla Parola di Dio.
Le feste del Natale, ci hanno trasmesso il mistero dell’Incarnazione di Dio nel Bimbetto di Betlemme, ora si apre quel luogo dove vivere quel mistero d’amore, cioè farlo sempre più presente nella nostra vita.
Le notizie riguardo alla situazione della pandemia non sono delle più incoraggianti, e probabilmente anche questo sta influendo e influenzando negativamente nelle nostre relazioni e legami.
La gioia del Natale appena festeggiato ci ha ricaricato le batterie! Ancora una volta Dio si è preso cura e a cuore la sua creazione, la sua creatura: l’uomo! Non ci ha lasciati soli, non ci ha abbandonati e non lo farà MAI! Che posto trova quel Bimbetto nella nostra vita? Trova ancora posto, oppure solamente collocato nel presepe per un mese l’anno e poi riposto nello scatolone con la scritta “addobbi natalizi?”.
Si sente nell’aria molta stanchezza mentale, persone che vorrebbero tornare alla “normalità”, a quello che si faceva prima del marzo 2020. Personalmente e spesso lo faccio, mi chiedo cosa sia questa famosa “normalità”. E poi per aggiungere ancora un pensiero ad alta voce: ma la normalità tanto cercata, non ci sta conducendo (o forse ci ha già portato) ad un punto di difficilissimo non ritorno?
Ci sono anche poi i nostalgici degli anni del dopoguerra, quando i nostri paesi uscendo massacrati dalle bombe, tentavano il mondo industriale lasciando il lavoro dei campi per il sabato e domenica.
Gli aperitivi e apericena? La movida dove la lasciamo? Week-end sulla neve? Seconde e terze case? E poi cosa postiamo sui social?
Probabilmente quello che sto scrivendo non riguarda nessuno di noi, o forse si? Abbiamo tutti un cuore e una coscienza, usiamoli ogni tanto, uniti al famosissimo “buon senso” (in via d’estinzione come i canguri arboricoli).
Il patto d’amore del Padre con noi suoi figli, non si ferma davanti a nulla, ma ci accompagna, si fa prossimo!
Coltiviamo la vita, cresciamo in vita e in vite.
…io lo immaginavo, quell’uomo, colmo di preghiere, e sordo alle nostre chiacchiere, e guardavo la sua veste in cui vedevo costellazioni.
Creiamo spazi, tempi e luoghi dove poter incontrare Dio ogni giorno!
La fede in Gesù Cristo è una proposta, ma rischia di essere una delle tante che il mercato ci propone. Oggi scegliamo di credere, domani un po’ meno e il terzo giorno ce ne dimentichiamo, rimandando Dio al “dopo”, tanto per Lui c’è sempre tempo.
Hugo nella sua meditazione, utilizza questa bellissima espressione: “sordo alle nostre chiacchiere”, riferendosi al povero.
Tempestati a destra e a manca da notizie contrastanti tra loro, veniamo immersi in un vortice di confusione. I famosi parolai della società hanno ormai scantonato la Parola costruendo l’involucro delle chiacchiere, e i cieli stellati sono rimasti solamente quelli della carta del presepe.
Prima della partenza per la Bolivia, due amiche mi avevano regalato questo quadretto che ora è appeso nelle scale del castello parrocchiale.
Che il nostro tempo, che spesso non troviamo, sia davvero per Cristo e per i fratelli!
Un abbraccio, chissà, a presto!
Elle u ci a
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