CONVERSIONE
III domenica del T.O. 2021
Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,14-20
Prestiamo attenzione soprattutto ai primi versetti che rappresentano il programma dell’attività di Gesù. Anzitutto, chi è quel Gesù che entra in scena come annunciatore del vangelo? Il lettore di Marco finora sa di lui poche cose, ma di grande importanza: Gesù comincia a predicare dopo essere stato colmato dell’esperienza di Dio che, al Giordano, lo ha dichiarato suo Figlio e Servo. Nel deserto poi egli ha “imparato” l’obbedienza e la dedizione completa, filiale, al progetto del Padre e ha già sconfitto Satana con la sua pretesa di autonomia rispetto a Dio. Gesù dunque si presenta come colui che ha vissuto l’esperienza gioiosa di un rapporto profondo, nuovo e unico con Dio, un’esperienza che lui ora propone a tutti come quella che può cambiare l’uomo e il mondo.
Quale allora il contenuto del suo annuncio? Gesù predica che “il regno di Dio si è avvicinato”. Egli suppone che i suoi uditori sappiano almeno qualcosa del significato di questa espressione: ”regno di Dio”. Tutto quello che un ebreo poteva capire della buona notizia di Gesù. Gesù, infatti compirà gesti che dicono la novità: radunerà attorno a sé il germe di un popolo nuovo cui affiderà una legge nuova di libertà; mostrerà, attraverso i miracoli, i primi segni di una creazione rinnovata; aprirà la via ad un mondo più umano, manifestando il volto d’amore di Dio. Marco, ha preparato il suo lettore fin dall’inizio a capire il senso vero del messaggio di Gesù, è il portatore del messaggio, cioè Gesù stesso. In Gesù abbiamo l’immagine definitiva di che cosa è il regno di Dio, e lungo il suo vangelo diventerà sempre più chiaro che la causa del vangelo del regno e la causa di Gesù sono la stessa cosa.
Perciò Gesù non fa come i maestri del tempo, soprattutto i rabbini della corrente farisaica, che raccoglievano attorno a sé dei discepoli per far loro studiare la legge, ma chiama a sé un gruppo di discepoli per proporre loro una comunanza di vita con lui nella condivisione della sua preoccupazione per gli uomini: “vi farò pescatori di uomini”. Essi non sono capaci di avere da sé questa preoccupazione, ma è Gesù che la crea in loro con un atto sovrano, con la forza della parola stessa che li chiama.
L’offerta di Gesù, il regno di Dio, non consiste nella proposta di concetti nuovi, ma è un evento, è l’affermazione che Dio è all’opera nel mondo, per l’uomo.
Infine, dove predica Gesù? Dopo essere stato al Giordano e nel deserto, egli si presenta ora in Galilea. Non si ferma nel deserto, come era la proposta del Battista o di altre correnti ebraiche dell’epoca; non pretende, dunque, che gli uomini escano dal loro ambiente per realizzare un cammino penitenziale. Ma rende possibile la conversione là dove essi vivono, appunto perché il regno intende raggiungere un uomo che esercita quotidianamente il mestiere di vivere come tutti gli altri, offrendogli una pienezza di vita.
Per giovani
Il volto: l’apparire e l’apparenza
Appunti per un viaggio spirituale
Tu hai guidato con segreta provvidenza la via della mia esistenza, tu hai disposto le tappe del mio cammino.
San Paolo VI
Noi siamo gli altri
Così fa l’altro con noi. Dovremmo dire per noi. In nostro favore. Sappiamo chi siamo e che ci siamo solo perché c’è qualcun altro che ci riconosce. Certo, questa è esperienza quotidiana: ci vuole un po' di fatica e di riflessione per costatare che succede davvero così tutte le volte che abbiamo a che fare con gli altri.
Accade continuamente che l’altro contribuisca in modo determinante a costruire la mia identità. Gli altri ci fanno vivere. Se sei, sei in relazione a qualcuno. Se sei, sei per qualcuno: in favore di e grazie a.
Prossimità
Gesù ci insegna che la nostra vita è una vita di prossimità, di comunione, appunto. Quali sono i luoghi dove sperimenti questa vicinanza con l’altro? Sei uno che si lascia avvicinare facilmente, oppure il tuo volto lo rivolgi solo a pochi privilegiati? Il volto ci introduce in un contesto sociale, ne sei convinto?
Pre-adolescenti (I-II-III media)
Io sono un albero
L’abete
L’abete è l’albero natalizio per eccellenza. I suoi aghi verdi non cadono mai e, nel bosco, mentre tutte le altre piante sono spoglie e prive di vita, i suoi rami sembrano l’unica fonte di speranza per la vita nuova che si manifesterà in primavera. La notte di Natale è la più lunga dell’anno: il freddo dell’inverno e il buio del cielo fanno pensare alla morte, ma la presenza verde dell’abete ricorda che c’è ancora vita negli alberi spogli: una vita nuova che aspetta a manifestarsi, e che comunque è presente. Per questo l’abete è associato alla nascita, cioè alla novità che rallegra e dona speranza. L’abete, in Europa, è anche l’albero più alto, quello che sfiora il cielo più di tutti e che fa da sentinella: scruta l’orizzonte più lontano per vedere quando il sole tornerà a visitare la terra. L’abete è l’albero di Natale perché a Natale si festeggia la salvezza, la nuova vita, che Gesù ha portato agli uomini, una salvezza che è fonte di speranza e gioia per tutti gli uomini della terra.
L’abete nella bibbia
Pur essendo un albero nordico, l’abete è citato anche nella Bibbia. È, insieme al cedro del Libano, il legno più pregiato e regale: Salomone lo utilizza per la costruzione del tempio di Gerusalemme.
Nel libro di Isaia l’abete, insieme al altre specie “nobili” di alberi, è il segno della benedizione e del rendimento di lode al Creatore.
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