Presentazione
Marco, giudeo, conobbe Gesù attraverso Pietro e generalmente lo si identifica con quel Giovanni Marco di cui si parla negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di Paolo e Pietro. Fu il primo ad utilizzare il genere letterario chiamato “Vangelo”, presentando il messaggio e le opere di Gesù da una prospettiva pasquale, con lo stile della “buona notizia”. Il suo Vangelo è di facile lettura; è il più breve dei quattro e servì da punto di partenza a quello di Matteo e di Luca.
Marco presenta Gesù come un uomo attivo, con profondi sentimenti umani e totalmente dedito al compito che gli fu affidato. Il suo Vangelo risponde a due interrogativi fondamentali che coinvolgono i suoi seguaci: chi è Gesù? Cosa significa essere discepolo di Gesù?
Ci presenta Gesù anche come colui che guarisce gli ammalati ed è compassionevole con chi soffre; libera dai demoni e interviene nei conflitti con le autorità civili e religiose. Sottolinea come i suoi discepoli interpretino questi suoi interventi che lo rivelano come il Messia promesso, anche se diverso da quello che era atteso.
Il modo in cui Marco risponde alla domanda su cosa significhi essere discepoli di Gesù è sorprendente: non basta che mettano in pratica i suoi insegnamenti; devono, come lui, proclamare la venuta del regno di Dio e percorrere il suo cammino di servizio e di donazione agli altri, fino alla passione, alla morte e alla risurrezione.
Di fatto, i discepoli seguirono entusiasti Gesù quando la sua popolarità cresceva, ma lo abbandonarono nei momenti difficili della passione. Nonostante questo, Gesù non li abbandonò e dopo la sua risurrezione li incontrò in Galilea. Attraverso una relazione personale con Gesù e la condivisione di vita, scoprirono il suo mistero e trovarono la forza per seguirlo e continuare quanto lui aveva iniziato.
Viene dietro di me quello più forte di me
Marco 1,1-8
“Viene dietro di me quello più forte di me”, proclama Giovanni alle folle, aprendole all’attesa di colui che chiamerà tutti ad andare dietro di lui. Così “la voce” prepara la via alla Parola, annunciando colui che “battezzerà nello Spirito Santo”.
Questo brano introduttivo, molto denso, sarà chiaro solo alla fine. Se ciò è vero di ogni introduzione, lo è in modo particolare nel caso di Marco, che termina rimandando al principio.
Dopo il titolo (v.1), prima di mostrarci chi è Dio davanti all’uomo, Marco ci mostra come deve essere l’uomo davanti a Dio. E lo fa con due citazioni bibliche che rilevano i due filoni profetici portanti dell’AT, di cui il Battista è l’icona vivente (vv.4-8). L’insieme è una vigorosa sintesi della rivelazione fatta ad Israele, quasi un breve sunto del cammino di Antico Testamento che ciascuno è chiamato a percorrere se vuol accogliere il Signore che viene.
L’uomo che non schiude il cuore ai desideri che Dio vi ha immesso e all’attesa di ciò che lui ha promesso, non può comprendere il mistero di Gesù.
La prima condizione necessaria per accogliere il Signore che viene, è la sete di giustizia. L’uomo trova uno scarto irriducibile tra ciò che è e ciò he dovrebbe essere. Ma guai se si rassegna: è una situazione che Dio non vuole. Lui in persona ha promesso di venire a compiere il suo giudizio, che pone fine a ogni ingiustizia. Questo è il primo cardine della fede di Israele: il mondo non sottostà al dominio e all’arbitrio dell’uomo peccatore e ingiusto, ma alla signoria di Dio, che è santo e giusto.
La seconda condizione è la sete di libertà. L’uomo è intrappolato in molte forme di schiavitù interna ed esterna. Vede il bene, ma è incapace di attuarlo; intuisce la felicità, ma è impotente a conseguirla; si sente impedito dentro e fuori di raggiungere ciò per cui è fatto. A chi teme che la libertà sia impossibile, c’è una “voce” che grida di aprire nel deserto la strada che porta alla terra di schiavitù alla patria del desiderio.
Altrove l’uomo è in esilio. Solo qui può abitare, perché qui è la sua casa, che Dio gli ha donato e ha promesso di ridonargli. Giovanni è l’angelo (= annunciatore), cioè il profeta che, denunciando il peccato e annunciando il perdono, dispone l’uomo a convertirsi alla giustizia di Dio. Egli è insieme anche la voce di incoraggiamento, che prepara per il nuovo esodo verso la libertà.
Ultimo dei profeti, è tratteggiato con i lineamenti del primo, di cui ribadisce e chiude l’insegnamento. È Elia, che viene a convertire i cuori, perché si aprano al Signore. È il profeta per eccellenza, il dito puntato su Gesù, colui che deve venire.
La sua prima caratteristica è quella di vivere ciò che annuncia. Infatti sta nel deserto, già fuori dall’ingiustizia e in marcia verso la libertà. Insoddisfatto di tutto ciò che è vecchio, è in attesa del nuovo. L’uomo è qualificato da ciò che attende.
Il Battista è l’uomo dei desideri, e ne dichiara prossimo il compimento: colui che viene dietro di lui sarà il baciarsi di ogni attesa dell’uomo e di ogni promessa di Dio. Infatti ci battezzerà (= immergerà) nello Spirito Santo (= vita di Dio). In Gesù, il Dio che si immerge nella realtà umana, l’uomo si immerge nella vita di Dio.
Il discepolo deve coltivare in sé questi desideri che Dio ha suscitato in Israele con la sua parola e che il Battista testimonia esemplarmente: la sete di fraternità e di libertà, il coraggio di uscire, la forza di affrontare il deserto, la conoscenza del peccato e del perdono, la volontà di conversione, l’attesa del “più forte” che viene e del dono del suo Spirito. Tutto ciò che Gesù farà e dirà nel seguito del vangelo, che per altro, più che presupposte, verranno suscitate dalla sua azione e dalla sua parola.
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