Vangelo di Giovanni
Caratteristiche stilistiche
Giovanni è un Vangelo in cui stile e teologia sono intimamente coniugati.
Struttura poetica
In alcune sezioni di Giovanni molti studiosi riconoscono uno stile poetico formale, segnato anche da strofe.
L’aspetto caratteristico di questa poesia non sarebbe un parallelismo di linee (come nell’AT) o di rima, ma di ritmo, cioè, linee approssimativamente della stessa lunghezza, ognuna delle quali costituisce una frase. Il Gesù Giovanneo viene da Dio e, dunque, è appropriato che le sue parole siano più solenni e sacrali
Incomprensione
Benché venga dall’alto e parli di ciò che è “vero” o “reale” (cioè, la realtà celeste), Gesù, la Parola fatta carne, deve usare un linguaggio dal basso per comunicare il suo messaggio. Per far fronte a questa anomalia, frequentemente impiega un linguaggio figurato o metafore, per descrivere se stesso o presentare il suo messaggio.
3 Inclusioni e transizioni
L’accurata struttura del Vangelo è segnalata da alcune tecniche. Per inclusione s’intende il fatto che Giovanni menziona alla fine di una sezione un dettaglio (o fa un’allusione) che riprende un dettaglio simile all’inizio della sezione.
4 Parentesi o note
Frequentemente Giovanni fornisce note parentetiche, spiegando il significato di termini o nomi semiti (per es. Messia, Cefa, Siloe … ), offrendo lo sfondo per sviluppi narrativi e geografici ed anche aprendo prospettive teologiche.
Prologo (1,1-18)
Servendo da prefazione al Vangelo, il prologo è un inno che racchiude la prospettiva di Giovanni su Cristo. Un essere divino (Parola di Dio), che è pure luce e l’unico Figlio di Dio viene nel mondo e diventa carne. Benché respinto dai suoi, dà a tutti quelli che lo accettano il potere di diventare figli di Dio, così che partecipano alla pienezza di Dio.
Il prologo è interrotto due volte, per menzionare Giovanni Battista prima che la luce venga nel mondo e per riportare la testimonianza resa da Giovanni Battista a Gesù dopo che la Parola si fece carne.
Giovanni, testimone del Logos
La testimonianza di Giovanni nel prologo poetico risalta meglio se confrontata nel prologo narrativo (1,19-34). La missione di Giovanni e il suo contenuto si trovano espressi in maniera molto simile. Qui Giovanni è “mandato” e “venne” per rendere la testimonianza alla luce; là “è stato inviato”, e “venne a battezzare nell’acqua”. Nel prologo lo scopo è: “affinché per mezzo di lui tutti credano” (1,7); nel prologo narrativo lo scopo è: “affinché il Messia sia manifestato in Israele” (1, 31).
Questa corrispondenza di formule non deve tuttavia far dimenticare la differenza e concludere prematuramente che nel prologo poetico la testimonianza di Giovanni è resa a Gesù di Nazaret, come nel prologo storico. Tale deduzione potrebbe essere fatta solo da coloro che ritengono, indebitamente che il Prologo parli fin dall’inizio di Gesù Cristo.
La finalità di questa testimonianza, infatti, è quella di ottenere “che tutti credano”, senza che l’oggetto di tale fede sia esplicito. Il verbo “credere” ha verosimilmente lo stesso significato che ha più avanti nel versetto 12, ma qui non è espresso che si tratta di riconoscere la luce che il Logos irradia nel mondo, cioè la luce di vita nel senso che abbiamo potuto leggere al versetto 4. Di fronte alle tenebre che ancora minacciano la terra (1,5), deve alzarsi un testimone per affermare “giuridicamente”, da parte di Dio, la presenza e la vittoria di questa luce.
Che cosa può significare “tutti?”. Il contesto universalistico in cui è immersa la prima parte del Prologo invita a comprendere in questa parola non soltanto i contemporanei di un personaggio storico, ma tutti gli uomini, al di là di ogni frontiera spaziale e temporale.
Nel racconto di 1,19-28 Giovanni, che definisce sè stesso come voce della profezia, attualizza tutta la tradizione profetica che lo ha preceduto, tutti gli annunci profetici sulla salvezza di Dio che viene incontro all’uomo. Nei vv. 6-8 del Prologo, allo stesso modo, egli rappresenta in una figura tipica tutti i “testimoni” che nel corso della storia hanno ricevuto la missione di testimoniare nel mondo la presenza della luce divina. La sua figura non si riduce a un solo individuo né la sua funzione si limita a un tempo determinato; il suo messaggio ha di fatto una portata universale. Nel tempo che precede l’incarnazione del Logos, Dio non ha lasciato mancare i testimoni incaricati di orientare gli uomini verso la luce che già illuminava. Il testo perciò può dichiarare (1,6) che Giovanni “venne” per dare la sua testimonianza, ma la sua funzione è in atto, si potrebbe dire, lungo tutta la storia.
Nessun commento:
Posta un commento