Marco 13,33-37
L’esortazione alla vigilanza, propria della liturgia della prima domenica di Avvento, assume in Marco una colorazione particolare. L’evangelista, narrando la parabola dell’uomo che parte per andare lontano, spiega che questi lascia la sua casa in mano ai servi. Mentre attendono il Signore, i credenti devono averne cura, svolgendo l’opera che lui ha affidato a ciascuno. È sempre lui il Signore della casa, e tuttavia lascia ai servi l’incarico di prendersene cura.
Ma quali sono le caratteristiche di questa casa e, di conseguenza, che cosa richiede dai servi? Lungo il vangelo, la metafora della casa si arricchisce di significati. La casa è anzitutto luogo in cui i discepoli stanno in intimità e familiarità con Gesù, soprattutto il luogo in cui lo interrogano e si lasciano istruire da lui. Rileggendo poi altri passi del vangelo di Marco, si vede come la casa è il luogo in cui Gesù insegna ai suoi discepoli a vivere in spirito di umiltà e semplicità come i bambini, e quindi in spirito di servizio. È questa la condizione per abitare in essa e custodire la fraternità in attesa del ritorno del Signore: essere servi. Servo è uno che appartiene a un altro, uno la cui vita non è in mano propria; nella casa di questo Signore tutti sono in questa condizione di non appartenere a se stessi, ma solo a lui e agli altri.
In questa casa, tutti i servi hanno ricevuto un compito, ciascuno la sua opera. La comunità ha ricevuto tutte le ricchezze che le servono per essere vigilante e fedele al suo Signore. L’attesa deve essere quindi operosa; se la sua speranza non vuole ridursi a una parola vuota, la comunità che attende il Signore dovrà continuamente sforzarsi di assumere i tratti di una fraternità in cui ciascuno ha cura della casa, ognuno per la sua parte.
In questa casa bisogna dunque avere l’occhio attento e l’orecchio teso per cogliere il Signore che viene e che opera in ogni momento e in ogni fratello, e con ciò ci interpella.
L’immagine sintetica per definire il cristiano che sta al servizio della fraternità in questa casa può essere quella del portinaio. Qualunque sia il compito che svolge, ognuno è portinaio in questa casa. Perché ognuno deve, col suo servizio, aprire la porta affinché possa entrare quel Gesù che vuole essere pur sempre l’unico Signore della casa.
Per giovani
volto: l’apparire e l’apparenza
Appunti per un viaggio spirituale
Quando inizia il giorno?
Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi allievi da che cosa si potesse riconoscere il momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno. “Forse da quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora?”. “No”, disse il rabbino. “Quando si distingue un albero di datteri da un albero di fichi?”. “No”, ripeté il rabbino.
“Ma quand’è, allora?” domandarono gli allievi. Il rabbino rispose: “è quando, guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci un fratello o una sorella. Fino a quel punto, è ancora notte nel tuo cuore.
Vita nello Spirito
L’esperienza spirituale consiste nel dare alla propria vita la forma, il volto di Gesù; questo per una definizione può anche bastare, in realtà cosa questo significhi praticamente, e più in particolare cosa significhi oggi, è tutto da scoprire, purtroppo e per fortuna. Già perché ciò che è spirituale non è separato da ciò che viviamo tutti i giorni, ma non coincide nemmeno semplicemente con l’esistenza.
Dobbiamo ammettere che la fedeltà alla rivelazione di Gesù e all’uomo d’oggi ci pone in una situazione delicata, dai contorni confusi e in divenire, per questo preferiamo sospendere la questione, pur definendone i limiti. Non crediamo che la vita spirituale coincida con un momento successivo e migliore della vita concreta, dove soprattutto la mente si nutre di pensieri devoti, immagini consolanti, riflessioni in fondo autogestite che fanno della Parola di Dio più un pretesto che una sorgente.
Avere una faccia
Unicità
Il volto unico e irripetibile che hai ti svela l’unicità della tua esistenza. Ti rendi conto di essere il protagonista assoluto della tua vita? Sei sicuro di non giocare da comparsa qualche volta, magari defilandoti di fronte agli impegni più gravosi? Hai mai ascoltato la scrittura ricordarti la tua unicità? (cfr. Salmo 139).
Pre-adolescenti (I-II-III media)
Io sono un albero
La proposta dell’immagine dell’albero come riferimento per un itinerario per i ragazzi delle medie ha le sue motivazioni nella ricchezza simbolica che racchiude. L’albero è da sempre all’interno delle immagini religiose per raccontare i miti, per ricordare doni e voleri divini. L’albero è inteso come un ponte tra il mondo e il firmamento, tra il passato (le radici), l’oggi (il tronco) e il futuro (i rami). Non solo, questa posizione verticale suggerisce l’immagine di una scala che porta verso il cielo e sulla quale si può salire, ma anche discendere (pensiamo al sogno di Giacobbe: Genesi 28, 10-21).
Ritorna più volte un’interpretazione antropomorfa dell’albero: il corpo dell’uomo viene associato alle diverse parti della pianta. Facilmente si può imitare un albero stando in piedi, allargando le gambe, alzando le braccia e distendendo le dita delle mani. L’albero simboleggia anche la comunione: l’uno (il tronco) e i tanti (i rami), come pure lo scorrere del tempo che viene “scritto” nei cerchi che si possono contare nella sezione trasversale del suo tronco. L’albero, inoltre, è quell’elemento della natura che più di ogni altro annuncia le stagioni: le gemme del tardo inverno e della primavera, i fiori e i frutti dell’estate, la caduta delle foglie in autunno e gli spogli rami dell’inverno. La sua vitalità e forza sembra possa interpretare l’esperienza di crescita che stanno attraversando i ragazzi collocandola nella naturalezza delle cose, ma anche evidenziandone l’originalità e particolarità.
Proposta: Io sono un albero/2
Pensa a te stesso come un albero. Sei un albero del bosco? Come sei: alto, pieno di foglie …? Le tue radici dove arrivano? E i rami: qualcuno potato, sono alti nel cielo oppure s’intrecciano con altri? I tuoi fiori sono profumati? Belli? E i frutti? Maturi? Sei in primavera o autunno? Prova a descriverti in questa prima settimana di avvento.
Adolescenti (dalla I alla V superiore)
Scintille
Il tempo e quel che accade. Gli incontri e i destini che mutano per sempre. Ho atteso anche io in una piazza battuta dal vento qualcuno che non vedevo da anni. E negli attimi in cui vagavo con lo sguardo, cercando di indovinare da quale strada sarebbe sbucato quel volto che ricordavo attraverso da una malinconia indefinibile, riemergevano i desideri, gli slanci, le aperture improvvise. I viaggi intrapresi insieme. Le notti ampie come maree. L’ebbrezza di scoprire in un’altra persona quel che non credevo si potesse trovare. Quando ci eravamo incontrati per la prima volta? Quando aveva inizio ogni cosa?
Accade a ciascuno di noi, prima o poi, di imbattersi nell’istante vertiginoso in cui una persona irrompe nella nostra quotidianità e ne muta l’assetto. C’è sempre qualcuno a cui ci avviciniamo, che ci tocca, ci illumina, ci piega e ci risolve. Che definisce e segna il nostro destino. Che dà forma a quel che siamo. Può essere una persona che incontriamo per caso o che è cresciuta al nostro fianco, nella cerchia ristretta della famiglia. Una persona vagheggiata a lungo, qualcuno che ci ha regalato un sorriso e poi è svanito. Oppure che è rimasto vicino a noi in modi che non credevamo possibili.
Il tempo. Quel che accade. Gli incontri. I nostri destini. In quella piazza battuta dal vento mi ero presentato con ampio anticipo. Volevo essere io a vederla per primo. Ci tenevo a riconoscerla mentre si faceva avanti attraverso la gente.
Preghiera prima dei pasti
Padre misericordioso,che hai mandato il tuo Figlio per darci la vita,
benedici noi e il cibo che stiamo per prendere,
tuo dono e frutto del nostro lavoro,
affinché, rinvigoriti nelle forze,
attendiamo vigilanti la sua gloriosa venuta.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
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