Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia.
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
COMMENTO
Sussidio CEI
La IV Domenica di Pasqua – in tutti e tre i cicli dell’anno liturgico – è dedicata al Buon Pastore. Nei versetti del cap. 10 di Giovanni, proposti quest’anno, Gesù in realtà si paragona anzitutto alla «porta» delle pecore, ma l’immagine del pastore è presente, contrapposta all’estraneo, ladro e brigante. Il contesto è di controversia, con i farisei che avevano contestato a Gesù il miracolo verso il cieco nato (cap. 9): sono loro, quindi, i pastori non buoni, che non vanno seguiti. In ciò, Gesù riprende una lunga tradizione biblica, di accusa verso i falsi pastori che abbandonano il gregge (si pensi alle invettive dei profeti Ezechiele o Zaccaria). Ma Dio – dice la Scrittura – non abbandonerà mai le sue pecore: e anche Gesù parla di un pastore che conosce le pecore per nome, che le guida, e di cui esse conoscono la voce; e di una porta sicura, che reca con sé salvezza e vita.
Si tratta forse di immagini un po’ strane al giorno d’oggi (in verità, il Vangelo afferma che neanche i farisei capirono quelle parole!), ma la promessa che esse con- tengono mantiene tutta la sua forza: Dio si prende cura del suo popolo e lo fa in modo incondizionato (come ricorda Lc 15, va in cerca anche della pecora smarrita). Agisce per amore, non come l’estraneo, il ladro o il brigante, che ha sempre un secondo fine. C’è molta tenerezza nell’immagine del pastore che chiama ciascuna pecora per nome, le conduce fuori, cammina davanti ad esse. E le pecore sanno chi seguire, dice Gesù.
Sono molte le voci che ascoltiamo ogni giorno, e in questi tempi difficili ancora di più. Gli esperti, gli scienziati, i politici, i vari influencer di turno. Il Vangelo ci ricorda l’importanza di discernere, di saper distinguere, tra le voci, quella autentica. Non è facile, certo. Ma il tempo di quarantena prolungata che stiamo vivendo può essere un’occasione buona per sperimentare quella solitudine buona, in cui il Signore si può rivelare; quel silenzio, in cui la voce di Dio può risuonare. Ed è occasione per ascoltare le voci dei nostri pastori, dal Papa ai vescovi ai tanti sacerdoti che con umiltà e creatività stanno cercando di accompagnare questi giorni difficili (pensiamo ai grandi gesti di Francesco in Quaresima).
«Io sono venuto perché abbiano la vita... in abbondanza», conclude Gesù. Noi tutti abbiamo bisogno di vita e cerchiamo, sempre, ciò che conduce alla vita. Non perdiamo l’opportunità di raffinare la capacità del nostro cuore di cogliere dov’è la vita vera e abbondante. La pandemia sia occasione per liberarci dalle false certezze e rimanere saldi là dove possiamo trovare forza e ristoro. Nessuna circostanza può impedire al Signore di donare pascolo, e vita. A noi è chiesto di seguire, sapendo che la via è aperta e la porta è sicura. Cosa ci può rendere liberi, in fondo, se non questa amorevole relazione di dipendenza dal Signore? L’illusione di essere gli unici padroni della nostra vita ha subito un duro colpo, a causa del virus... non corriamo il rischio di tornare indietro, seguendo le false voci di prima.
Non ci diamo noi la vita, ma abbiamo chi è venuto per questo: «Io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza».
Grazie. Il silenzio di questi giorni, è vero, può essere occasione per leggere un po' di più il vangelo per renderci conto di quanta cura ha Gesù nei nostri confronti
RispondiElimina