Nasce in un tempo particolare un "diario in rete".

Tinkunakama, parola in lingua quechua che potrebbe avvicinarsi alle traduzioni: fino a quando ritorneremo ad incontrarci, oppure ancora: fino alla prossima volta.

Un saluto che non pone fine alla relazione, ad un incontro avvenuto, ma spalanca la speranza futura.

Ci rivedremo, per il momento ti porto nel cuore!

giovedì 30 aprile 2020

GIOVEDI DELLA III SETTIMANA DI PASQUA

L'esperienza di Filippo che incontriamo nel libro degli Atti degli Apostoli che la liturgia oggi ci regala, ci sospinge in avanti, un pò come succede all'apostolo guidato dallo Spirito.
E' la vicenda di fede che ognuno di noi ogni giorno vive: testimoniare il Risorto. 
Probabilmente a pochi di noi chiederanno il dono del battesimo come succede all'eunuco, ma sicuramente tutti noi siamo chiamati a testimoniare la nostra fede.
Non ci sono modi preconfezionati per sentirsi figli amati e regalare l'AMORE del Padre ai fratelli ... non ci sono luoghi adatti o meno per essere testimoni gioiosi della risurrezione, lo Spirito del Risorto agisce nella nostra vita, come e quando vuole.
Lasciamo aperta la porta del cuore per ospitare in noi lo Spirito di Dio, cedendo il posto d'onore a Lui.

mercoledì 29 aprile 2020

MERCOLEDI DELLA III SETTIMANA DI PASQUA

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».


La lunga preghiera di ringraziamento e intercessione di Gesù al Padre ci sprona nel nostro continuo camminare accanto a Lui.
Probabilmente e soprattutto in questo periodo ci sentiamo stanchi e affaticati da un qualcosa che facciamo fatica ad accettare e comprendere.
Gesù stesso ci indica la via: venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi ci dice.
Il nostro andare verso di Lui sia per ognuno di noi, gioia di comprensione e speranza per tutti.
Il Signore non lascia soffrire i suoi figli per il gusto di provarli nel loro cuore, Gesù è presente anche quando noi ci dimentichiamo di Lui.
Il giogo dolce e il peso leggero siano strumenti per partire, o chissà magari, anche ripartire nel totale abbandono a Lui.

martedì 28 aprile 2020

MARTEDI DELLA III SETTIMANA DI PASQUA

Alle tue mani, Signore, affido il mio spirito.

Il martirio di Stefano, ci aiuta a gridare a voce alta e col cuore ricolmo di speranza il ritornello del Salmo: Alle tue mani, Signore, affido il mio spirito!
Affidare le nostre vite al Signore è questo: Signore sono nelle Tue mani, tu che vedi e provvedi accompagnami in questa giornata che si apre davanti agli occhi. 

La continua richiesta di segni da parte della folla è solo un'inutile corsa al passato carico di pesantezza e senza alcuna novità vitale. 
Assurdo il richiamo alla mamma citato dalla gente nel vangelo di oggi, se poi nel presente non ci si accorge che quel PANE è Gesù stesso continuamente presente.
Per dirla con un slogan, sembrerebbe valga il detto: era meglio quando si stava peggio!
Ma siamo uomini e ancora troppo spesso vorremmo sostituirci al Padre.
Ci fidiamo di Dio? Oppure "facciamo" meglio noi di Lui?
Rischiamo davvero di cadere in una gratuita critica o commento del "già vissuto", ma come affrontiamo il presente?
Sommersi dal passato, proiettati inesorabilmente in un futuro  (possibilmente molto simile al passato), ci dimentichiamo che viviamo in un presente.
Signore donaci l'umiltà e la Sapienza del cuore!



lunedì 27 aprile 2020

LUNEDI DELLA III SETTIMANA DI PASQUA



«In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».

Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

L'affermazione forte di Gesù rivolta alle persone che lo cercavano, spiazza gli ascoltatori.
Gesù va dritto al cuore della gente, senza troppi giri di parole o cose campate per aria.
Non solo, aggiunge anche: "datevi da fare!". Non basta cercarLo e ricercarLo, ma bisogna anche mettere del proprio.

La risposta è lo stesso Gesù che la regala a tutti noi: CREDERE in LUI.
Signore Gesù, aumenta la nostra fede in te, purificaci da tante cose che ci distanziano da Te, custodisci i nostri cuori e riempili dell'ESSENZIALE.

domenica 26 aprile 2020

III DOMENICA DI PASQUA



Ritrovare la speranza

I racconti pasquali ci rivelano diverse vie per incontrarci con il Risorto. Il racconto di Emmaus è, forse, quello più significativo, e senza dubbio il più straordinario. La situazione dei discepoli è ben descritta fin dal principio, e riflette uno stato d'animo in cui possiamo trovarci anche noi oggi. I discepoli possiedono apparentemente tutto il necessario per credere. Conoscono gli scritti dell'Antico Testamento, il messaggio di Gesù, il suo operato e la sua morte in croce. Hanno anche ascoltato il messaggio della risurrezione. Le donne hanno comunicato la propria esperienza, annunciando loro che «è vivo». Tutto inutile. Essi continuano il loro cammino immersi nella tristezza e nello scoraggiamento. Tutte le speranze riposte in Gesù sono svanite con il fallimento della croce.



L'evangelista suggerisce due vie per ritrovare la fede viva nel Risorto. La prima è l'ascolto della Parola di Gesù. Nonostante tutto, quei discepoli continuano a pensare a Gesù, parlando di lui, interrogandosi su di lui. Ed è proprio allora che il Risorto si fa presente sul loro cammino. Gesù si trova là dove alcuni uomini e donne si ricordano di lui e si interrogano sul significato del suo messaggio e della sua persona, anche se sono incapaci di riconoscerne la presenza.
Non aspettiamoci grandi prodigi. Se talvolta, ascoltando il Vangelo di Gesù e ricordandone le parole, abbiamo sentito «ardere in noi il nostro cuore», non dimentichiamoci che egli cammina accanto a noi.
L'evangelista ci ricorda una seconda esperienza. È il gesto dell'eucaristia. I discepoli trattengono il viandante sconosciuto per cenare insieme nel villaggio di Emmaus. Il gesto è semplice, ma sincero. Dei viandanti stanchi per il viaggio si siedono a condividere la stessa mensa. Si accettano come amici e riposano insieme dalle fatiche di un lungo cammino. È allora che ai discepoli si «aprono gli occhi» e scoprono Gesù come qualcuno che nutre la loro vita, li sostiene nella stanchezza e li rafforza lungo la via.
Se talvolta, per quanto piccola possa essere la nostra esperienza, celebrando l'eucaristia ci sentiamo rafforzati lungo la nostra via e incoraggiati a continuare il nostro vivere quotidiano, non dimentichiamo che è Gesù colui che alimenta la nostra vita e la nostra fede.

Due esperienze chiave

Passando gli anni, nelle comunità cristiane si andò ponendo un problema molto concreto. Pietro, Maria Maddalena e gli altri discepoli avevano vissuto esperienze molto «speciali» di incontro con Gesù vivo dopo la sua morte. Esperienze che li portarono a «credere» in Gesù risorto. Ma quelli che si erano accostati in seguito al gruppo dei seguaci, in che modo potevano far nascere e nutrire quella stessa fede?
Questo è anche il nostro problema di oggi. Noi non abbiamo sperimentato l'incontro con il Risorto vissuto dai primi discepoli. Su quali esperienze possiamo dunque contare? Questo è quanto viene prospettato dal racconto dei discepoli di Emmaus.
I due camminano verso le proprie case, tristi e scoraggiati. La loro fede in Gesù si è spenta. Non sperano più nulla da lui. È stata tutta un'illusione. Gesù, che li segue senza farsi notare, li raggiunge e cammina con loro. Luca espone così la situazione: «Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo». Che cosa possono fare per sperimentare la sua presenza viva insieme a loro?
L'importante è che questi discepoli non dimenticano Gesù; «conversano e discutono» su di lui; ricordano le sue «parole» e le sue «opere» da grande profeta; lasciano che quello sconosciuto spieghi loro quanto è accaduto. I loro occhi non si aprono subito, ma «il loro cuore comincia ad ardere in loro».
È la prima cosa di cui abbiamo bisogno nelle nostre comunità: ricordare Gesù, andare a fondo del suo messaggio e del suo operato, meditare sulla sua crocifissione... Se, a un certo momento, Gesù ci commuove, le sue parole ci arrivano dentro e il nostro cuore comincia ad ardere, è il segno che la nostra fede sta nascendo.
Non basta. Secondo Luca è necessaria l'esperienza della cena eucaristica. Anche se non sanno ancora chi sia, i due viandanti sentono il bisogno di Gesù. La sua compagnia fa loro bene. Non vogliono che li lasci: «Resta con noi». Luca lo sottolinea con gioia: «Gesù entrò per rimanere con loro». Durante la cena i loro occhi si aprono.
Sono queste le due esperienze chiave: sentire che il nostro cuore arde nel ricordare il suo messaggio, il suo operato e tutta la sua vita; sentire che, celebrando l'eucaristia, la sua persona ci nutre, ci rafforza e ci consola. Così nella Chiesa cresce la fede nel Risorto.

Il contatto personale con Gesù

Sulla via di Emmaus, due discepoli camminano con aria triste. Non hanno meta né obiettivo. La loro speranza si è spenta. Gesù è scomparso dalla loro vita. Parlano e discutono di lui, ma, quando egli si avvicina a loro pieno di vita, i loro occhi «sono impediti a riconoscerlo».
Gesù li aveva immaginati diversamente quando li aveva inviati a due a due: pieni di vita, che portano la pace in ogni casa, che danno sollievo alla sofferenza, che guariscono la vita e annunciano a tutti che Dio è vicino e si preoccupa di noi.
Apparentemente, questi discepóli hanno il necessario per mantenere viva la fede, ma qualcosa è morto in loro. Conoscono le sacre Scritture: ma a loro non servono a nulla. Hanno ascoltato il Vangelo in Galilea: ora tutto sembra un'illusione del passato. È giunto loro l'annuncio che Gesù è vivo: cose da donne; chi può credere a una cosa del genere? Quei discepoli hanno tutto, ma non hanno nulla. Manca loro l'unica cosa che può fare «ardere» il loro cuore: il contatto personale con Gesù vivo.
Non sarà questo il nostro problema? Perché tanta mediocrità e delusione tra noi? Perché tanta indifferenza e abitudine? Si predica di continuo la dottrina cristiana; si scrivono eccellenti encicliche e lettere pastorali; si pubblicano eruditi studi su Gesù. Non mancano le parole e le celebrazioni. Ci manca forse un'esperienza più viva di qualcuno che non può essere sostituito da nulla e da nessuno: Gesù Cristo, il Vivente.
Non basta celebrare in un modo qualunque messe né leggere testi biblici. Il racconto di Emmaus parla di due esperienze basilari. I discepoli non leggono un testo, ascoltano la voce inconfondibile di Gesù che fa ardere il loro cuore. Non celebrano una liturgia, si siedono da amici alla stessa mensa e scoprono insieme che è Gesù in persona a nutrirli.
Perché continuare a fare cose in un modo che non ci trasforma? Non abbiamo innanzi tutto bisogno di un contatto più reale con Gesù? Di una nuova semplicità? Di una fede diversa? Non abbiamo bisogno di imparare a vivere tutto con maggiore verità e a partire da una nuova dimensione? Se Gesù scompare dal nostro cuore, tutto il resto è inutile.

Ricordare di più Gesù

Il racconto dei discepoli di Emmaus ci descrive l'esperienza vissuta dai due seguaci di Gesù mentre camminano da Gerusalemme verso il piccolo villaggio di Emmaus, distante circa undici chilometri dalla capitale. Il narratore lo fa con tale maestria che ancora oggi ci aiuta a ravvivare la nostra fede in Cristo risorto.
Due discepoli di Gesù si allontanano da Gerusalemme, abbandonando il gruppo di seguaci che si è andato formando intorno a lui. Morto Gesù, il gruppo si va disfacendo. Senza di lui non ha senso continuare a rimanere insieme. Il sogno è svanito. Alla morte di Gesù muore anche la speranza che egli aveva fatto nascere nel loro cuore. Non sta succedendo qualcosa del genere nelle nostre comunità? Non stiamo lasciando morire la fede in Gesù?
Tuttavia, quei discepoli continuano a parlare di Gesù. Non lo possono dimenticare. Commentano l'accaduto. Cercano di trovare un senso a quello che hanno vissuto insieme a lui. «Mentre conversano, Gesù in persona si avvicina e cammina con loro». È il primo gesto del Risorto. I discepoli non possono riconoscerlo, ma Gesù è già presente e cammina con loro. Gesù non cammina anche oggi in modo velato con tanti credenti che abbandonano la Chiesa, ma che continuano a ricordarlo?
L'intenzione del narratore è chiara: Gesù si avvicina quando i discepoli lo ricordano e parlano di lui. Si fa presente là dove si commenta il suo Vangelo, dove c'è interesse per il suo messaggio, dove si conversa sul suo stile di vita e sul suo progetto. Non è, forse, che Gesù è tanto assente tra noi perché parliamo poco di lui?
Gesù è interessato a conversare insieme a loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Non si impone rivelando loro la sua identità. Chiede che essi continuino a raccontare la loro esperienza. Conversando con lui scopriranno la propria cecità. I loro occhi si apriranno quando, guidati dalla sua parola, avranno fatto un percorso interiore. È così. Se nella Chiesa parliamo di più di Gesù e conversiamo di più insieme a lui, la nostra fede rivivrà.
I discepoli gli parlano delle loro aspettative e delle loro delusioni; Gesù li aiuta ad approfondire l'identità del Messia crocifisso. Il cuore dei discepoli comincia ad ardere; essi sentono la necessità che quello «sconosciuto» resti con loro. Mentre celebrano la cena eucaristica, si aprono i loro occhi e lo riconoscono: Gesù è con loro e nutre la loro fede!
Noi cristiani dobbiamo ricordare di più Gesù: citarne le parole, commentarne lo stile di vita, approfondire il suo progetto. Dobbiamo aprire di più gli occhi della nostra fede e scoprirlo pieno di vita nelle nostre eucaristie. Gesù non è assente. Cammina con noi.

Non fuggirsene a Emmaus

Non sono pochi coloro che oggi guardano alla Chiesa con pessimismo e delusione. Non è la Chiesa che desidererebbero. Vorrebbero una Chiesa viva e dinamica, fedele a Gesù Cristo, impegnata per davvero nella costruzione di una società più umana.
La vedono immobile e disorientata, eccessivamente impegnata nel difendere una morale obsoleta che ormai interessa a pochi, facendo sforzi penosi per recuperare una credibilità che sembra trovarsi «al di sotto del minimo storico». La percepiscono come un'istituzione che è lì quasi sempre per accusare e condannare, poche volte per aiutare e infondere speranza nel cuore dell'uomo. La sentono spesso triste e noiosa, e in un certo modo intuiscono - con lo scrittore francese Georges Bernanos - che «il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste».
È facile la tentazione dell'abbandono e della fuga. Alcuni l'hanno fatto da tempo, persino in modo clamoroso: oggi affermano quasi con orgoglio di credere in Dio, ma non nella Chiesa. Altri se ne stanno allontanando poco a poco, «in punta di piedi e senza far rumore»: senza che quasi nessuno se ne accorga si va spegnendo nel loro cuore l'affetto e l'adesione di altri tempi.
Sarebbe di certo un errore nutrire un ottimismo ingenuo, pensando che verranno tempi migliori. Ancora più grave sarebbe chiudere gli occhi e ignorare la mediocrità e il peccato della Chiesa. Ma il nostro peccato più grande sarebbe «fuggircene a Emmaus», abbandonare la comunità prendendo ognuno la propria via, immersi nella delusione e disingannati.
Dobbiamo imparare la «lezione di Emmaus». La soluzione non consiste nell'abbandonare la Chiesa, ma nel riprendere i nostri rapporti con qualche gruppo cristiano, comunità, movimento o parrocchia dove poter condividere e ravvivare la nostra speranza in Gesù.
Dove degli uomini e delle donne camminano chiedendosi di lui e approfondendone il messaggio, là il Risorto si fa presente. È facile che un giorno, ascoltando il Vangelo sentano di nuovo «ardere il loro cuore». Dove dei credenti si incontrano per celebrare insieme l'eucaristia, là si trova il Risorto che nutre le loro vite. È facile che un giorno «si aprano i loro occhi» e lo vedano.
Per quanto morta possa apparire ai nostri occhi, in questa Chiesa abita il Risorto. Per questo anche qui hanno senso i versi di Antonio Machado: «Ho creduto spento il mio focolare, e ho attizzato la cenere... mi son bruciato la mano».

(Jose A. Pagola, La via aperta da Gesù /3. Luca, Borla 2012, pp. 280-286)

sabato 25 aprile 2020

SAN MARCO EVANGELISTA

«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

La parte finale del vangelo di Marco ci regala uno scorcio di speranza sul futuro che si apre ogni giorno davanti ai nostri occhi.
L'invito di Gesù agli undici rinchiusi e spaventati è qualcosa d'eccezionale, UNICO!
Vincere la PAURA con la PAROLA! Una parola che si testimonia con segni e fatti concreti.
Uscire dall'egoismo restrittivo per portare l'annuncio di salvezza e gioia, voci di una nuova ripartenza.
Annunciare, è il compito  "a casa" del Maestro Gesù. 
Può sembrare un qualcosa di tanto leggero e banale, nonché facile da attuare, ma la storia dei primi apostoli la conosciamo bene, soprattutto ricordiamo il loro martirio per Gesù.

Nell'imperativo del Risorto ci sono due componenti fondamentali per svolgere nel migliore dei modi l'annuncio: la FIDUCIA e l'ACCOMPAGNAMENTO.
Il Signore non invia "a casaccio", ma si fida dei suoi che manda. Sicuramente non erano, come non siamo noi i migliori per l'annuncio alle genti, ma è Lui che sceglie e scommette "anche oggi" per ognuno di noi.
La garanzia di questo annuncio è la sua dolce e consolante compagnia: non ci lascia nel baratro, non ci butta nel mondo senza delle certezze.
E' Lui il garante della nostra vita, Lui solo che si prende cura e cuore per ogni suo figlio.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

L'avverbio "dappertutto" è felicità per chi annuncia e per chi ascolta la sua Parola.

venerdì 24 aprile 2020

VENERDI DELLA II SETTIMANA DI PASQUA

Ma che cos'è questo per tanta gente?

La domanda di Andrea a Gesù parla di concretezza, di realtà che si apre davanti ai loro occhi! Un'infinità di persone con cinque pani d'orzo e due pesci ... come si può dar da mangiare a tutti?
Andrea crede nel Signore, ma fino a un certo punto. La figura del discepolo fratello di Simon Pietro rappresenta le  speranze dell'umanità riposte nell'Onnipotente.

Troppo spesso, ancora oggi, la nostra fede vacilla, traballa ... cerchiamo il Risorto quando e come ci pare e piace, ma un Dio personale, costruito da ognuno di noi, ha i suoi limiti.

Gesù, sembra addirittura cambiar tono alla domanda, rispondendo: fateli sedere! Che risposta, potremmo pensare: ti dico che hanno fame e tu rispondi fateli sedere!
Credere nel Risorto è mettersi totalmente nelle sue mani, soprattutto nel suo cuore.

Non solo mangiarono tutti, ma addirittura avanzarono pezzi da riempire dodici canestri.
Il Signore non lascia MAI SOLI i suoi figli, non si dimentica nemmeno per un istante di noi, ma non sempre vale l'opposto, cioè noi nei suoi confronti.
Stiamo vivendo un tempo umanamente faticoso, ma crediamo e continuiamo a metterci nella Sua Volontà, che non delude mai.

giovedì 23 aprile 2020

GIOVEDI DELLA II SETTIMANA DI PASQUA

«Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest'uomo».


L'affermazione-imposizione del sommo sacerdote rivolta agli apostoli risuona contro producente per la vita di coloro che testimoniano il Risorto.
La voce e la testimonianza di vita non possono essere nascoste e nemmeno cancellate, quando la NOTIZIA è troppo preziosa, grande e unica per essere annunciata.
Essere testimoni del Risorto, non è poca cosa, perché è novità che cambia cuori e mondo.
Rendere testimonianza è mettere le nostre vite nella sua misericordia, nella sua bontà.

mercoledì 22 aprile 2020

MERCOLEDI DELLA II SETTIMANA DI PASQUA



Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

L'angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e vedete com'è buono il Signore;
beato l'uomo che in lui si rifugia. 


Benedire, magnificare, guardare, gustare, sono i quattro verbi che compongono il Salmo responsoriale della liturgia odierna.
Azioni che ci indicano una strada da percorrere, una via da seguire.
Il suggerimento che nasce da questo Salmo sia per noi luce che buca il buio della nostra vita.

martedì 21 aprile 2020

MARTEDI DELLA II SETTIMANA DI PASQUA



La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune.

Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.

Con grande forza e intensità, la pagina degli Atti degli Apostoli che la liturgia oggi ci regala, ci sprona e sospinge in avanti anche in questo tempo nuovo.
E' il tempo di Pasqua, vissuta straordinariamente in un clima assolutamente diverso da come eravamo abituati.
Le notizie giornaliere che entrano nelle nostre case e nelle nostre vite, lasciano trasparire un pensiero, un progetto, un desiderio, un sogno che sarà. Proiettati in avanti, forse anche per la stanchezza "del blocco", rischiamo di non essere  però lungimiranti.

L'autore del libro degli Atti ci prende per mano e con pennellate di colore ci indica una strada da percorrere. Scrive della prima comunità nata e cresciuta attorno alla testimonianza della risurrezione di Gesù.
Le nostre comunità anche in questi giorni di "chiusura" non si sono fermate, hanno continuato a credere e sperare nel Signore. La forma però tutta nuova, le proposte rinnovate o inventate, ci danno la possibilità di mettere la nostra vita nelle Sue mani.
Il non vedersi, il non incontrarsi come abitualmente si faceva non ci deve assolutamente far rinchiudere in noi stessi, anzi, il nostro cuore colmo della gioia della risurrezione ci sbilancia, almeno anche al solo pensiero di fraternità.
Chiediamo al Signore il dono di occhi purificati, magari addirittura, occhi nuovi che combattono la cecità, la superficialità e l'egoismo che abitano le nostre vite, per essere testimoni coraggiosi del Risorto.
L'insegnamento che nasce dal dialogo di Gesù con Nicodemo ci aiuti a conoscere sempre più il Volto Misericordioso del Padre che non abbandona i suoi figli, ma li accompagna.

lunedì 20 aprile 2020

LUNEDI DELLA II SETTIMANA DI PASQUA

I PIEDI DI BARTOLOMEO


Carissimi,
l’altro giorno ho ricevuto questa lettera.
«Caro Vescovo, io non sono né marocchino, né tossicodipendente, né sfrattato. Temo, perciò, di non aver udienza presso di te. Perché ho l’impressione che oggi, se non si appartiene a quel campionario di umanità che ha a che fare con la violenza, con la prostituzione, con la miseria economica e morale, non si è in possesso dei titoli giusti per entrare nel cuore di Dio. Ma è colpa mia se la casa io ce l’ho, e il lavoro anche? Debbo farmi uno scrupolo se non ho mai rubato, e in tribunale non ci sono entrato neppure come testimone? Mi devo proprio affliggere se, grazie a Dio, non ho grossi problemi di salute né soffro di solitudine? Quando ti sento parlare degli ultimi, e affermi che la Chiesa, a imitazione di Gesù, deve esprimere un amore preferenziale verso coloro che sono precipitati nell’avvilimento del vizio e dell’alcool, io, che per giunta sono astemio, mi sento quasi un escluso. E mai possibile, mi chiedo, che il Signore mi scarti sol perché non frequento le bettole, e la sera mi ritiro a casa in orario? Debbo proprio ritenere una disgrazia il fatto che nella graduatoria, sia pure effimera, dell’estimazione pubblica, invece che gli ultimi posti, occupo posizioni di tutto rispetto? Ricco non sono, ma non mi manca il necessario per tirare avanti con una certa tranquillità. Non ho mai tradito mia moglie. I miei figli, che non sono né malati di Aids né disoccupati, mi danno tantissime soddisfazioni. Mi reputo fortunato. E sarei l’uomo più felice della terra se, da un po’ di tempo a questa parte, a seguito di certi discorsi che ascolto in chiesa e a certe lettere che scrivi tu, non mi fosse venuto il dubbio che senza un certificato di emarginazione, vistato magari dalle patrie galere, mi sarà difficile l’ingresso nel Regno di Dio. Dimmi, vescovo:
ma un pò d’acqua nel suo catino Gesù Cristo non ce l’avrebbe anche per me?».
Non ho ancora dato riscontro a questa lettera.
Ma siccome so che gli stessi interrogativi sono condivisi da più di qualcuno, ho pensato bene di rispondere, per così dire, ad alta voce.
Mi viene in aiuto la figura evangelica di Natanaele, identificato dalla maggior parte degli studiosi col figlio di Tolomeo e detto, perciò, Bar-Tolomeo.
Era un uomo così pulito e trasparente, che quando Gesù lo vide la prima volta esclamò: «Ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità».

Secondo l’evangelista Giovanni, questo apostolo simbolizza addirittura tutta una categoria di persone, e cioè gli israeliti fedeli, che non hanno tradito mai il Dio dell’alleanza, si sono mantenuti irreprensibili fino alla venuta del Messia, e da lui sono stati invitati a entrare nella sua nuova comunità.
Ebbene, la sera del giovedì santo, Gesù si è curvato a lavare anche i piedi di Bartolomeo, l’uomo onesto, nei cui occhi un giorno, mentre si trovava sotto il fico, egli, il Maestro, aveva visto specchiarsi il cielo limpido della rettitudine.
Anche quel cielo, però, aveva la sua piccola nube. Quando, infatti, Filippo gli andò a dire che Gesù di Nazareth era il Messia, lui, l’israelita integerrimo, il galantuomo, aveva replicato: «Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?».
Carissimi fratelli onesti, Bartolomeo è la vostra immagine.
Non abbiate paura, perciò, di essere discriminati dal Signore. Egli, nel suo catino, l’acqua ce l’ha pure per i vostri piedi che, se si sono contaminati, è solo per la polvere della strada percorsa per andarlo a trovare.
Vi lava e vi asciuga con la stessa tenerezza. Perché vi vuol bene da morire. Anzi, vorrei aggiungere che egli, sulle vostre estremità, indugia di più. Così come si indugia di più a detergere un cristallo di Boemia che a lavare un bicchiere di creta carico di tartaro.
I vostri piedi li lava e li asciuga con identico amore. Anche perché, forse, tra gli alluci, si nasconde una piccola macchia difficile a scomparire: la riluttanza a ricevere. Dite la verità, non avete mai affermato pure voi: che cosa può venire di buono da Nazareth?
Forse questo è il vostro peccato, piccolo quanto volete, ma che vi colloca tra gli ultimi, pure voi. Vi siete esercitati solo a dare. A ricevere, no. Da un drogato può mai venire qualcosa di buono? Da una prostituta? Da un avanzo di galera? Che cosa può dare mai un marocchino, se non un pericolo di infezioni?
Forse questa è l’unica colpa che obbliga Gesù a inginocchiarsi dinanzi a voi e che spinge la Chiesa a fare altrettanto: non voler ammettere, sia pure per raffinate ragioni estetiche, che i poveri abbiano qualcosa da insegnarvi in termini di crescita umana. Sicché gli emarginati sono quasi lo spazio dove esercitare le virtù della generosità; ma solo nella direzione del dare, e mai dell’avere.
Non abbiate paura, fratelli irreprensibili e buoni. Gesù Cristo si piega anche su di voi. Se non altro, per dirvi che non serve a nulla svuotare la casa per gli infelici, se poi non sapete introdurre qualcosa che essi possano offrirvi, sia pure un «souvenir».
A me e a tutti voi, che apparteniamo alla confraternita dei galantuomini, conceda il Signore di capire che metterci sulla pelle la camicia dei poveri vale più che lasciarci scorticare vivi per loro.
Come San Bartolomeo, appunto.
Un affettuoso saluto



don Tonino Bello

12 marzo 1989

domenica 19 aprile 2020

II DOMENICA DI PASQUA

Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po' di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell'oro - destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco - torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.


Quanto sono vere e attuali le parole di Pietro, oggi più che mai.
L'apostolo suggerisce la GIOIA del cuore in un tempo difficile.   Non è solo un sentimento passeggero quello della gioia, che oggi è presente e domani svanisce ...
Il tempo di Pasqua è caratterizzato dal vivere la gioia della gioia del RISORTO.
Non è facile per nessuno affrontare le giornate in un clima di rabbia, di notizie contrastanti, di immagini dure da digerire. Qualcuno in questi mesi di pandemia ha incontrato per la prima volta il volto misericordioso del Padre, altre persone lo hanno riscoperto, altri ancora hanno perseverato nel credere.
Pietro, usando l'esempio dell'oro ci suggerisce di continuare ad amare Gesù Cristo.
Potrebbero essere queste parole al vento, termini sprecati e inutili che offuscano il cuore e la mente, con un solo desiderio: ritornare alla normalità.
Tempestati dal vocabolo "normalità", rischiamo di sviare  il suo significato. Cos'è normale? O cosa lo è stato "normale"?.
Se la nostra ricerca spasmodica di "normalità" si riferisse alle solite vecchie e consuete abitudini di tutti i giorni che facevamo prima, perderebbe senso.
Dice il proverbio che la fretta è cattiva consigliera ... ma abbiamo urgenza di normalità. L'oro però per essere purificato dalle scorie ha bisogno del fuoco.
Siamo così sicuri che la nostra vecchia normalità, è l'unica di cui ora abbiamo veramente necessità?
Ci lasciamo interrogare dal mondo? Abbiamo aperto la porta del cuore al Dio della vita?
Domande su domande, con abbozzi di risposte, il più delle volte confuse anche quelle.
Che direzione hanno preso le nostre vite stracolme di risentimenti e pregiudizi? Non è forse ora il momento opportuno per una nuova purificazione da tossine?


Giovanni nel vangelo narra l'incontro del Risorto con gli apostoli rinchiusi e spaventati. Non solo un luogo fisico a protezione, ma cuori sbarrati alla grazia della risurrezione.
Non servono nemmeno le parole "di altri" per annunciare l'incontro con Gesù, si vuole vedere personalmente il Risorto, come nel caso di Tommaso.
La testimonianza però è fiducia negli occhi e nella vita di altri. Non sempre ci è concesso vedere e toccare personalmente, dobbiamo saltare fiduciosi sulla voce di altri.


Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto

è il suggerimento di Gesù all'incredulità dell'apostolo Tommaso, e risposta al nostro sfrenato desiderio di onnipotenza e controllo sul mondo e sulle vite.

Questo giorno chiamato anche Domenica della Divina Misericordia, ci aiuti a spolverare la relazione col Risorto, e ancora una volta riscoprire che il Signore non ci ha mai lasciati in balia della tempesta.

sabato 18 aprile 2020

SABATO DOPO PASQUA

Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.

Gesù appare RISORTO, all'umanità incredula.
Si manifesta alle amiche e amici di un tempo, entrando "nuovamente" nella loro vita. 
La risposta è solamente una: il contagio!
Colui o colei che ha ricevuto l'incontro col Risorto, non può far altro che trasmetterlo, testimoniarlo, annunciarlo.
La gente che si diceva credente quando Gesù era in vita, sembra non credere ai testimoni della Risurrezione, chiede altri segni.

Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».

Il rimprovero di Gesù ai suoi è assolutamente dovuto. Il richiamo alla durezza del cuore, risuona forte e vero anche in questi giorni.
Credere? Cosa vuol dire credere nel Risorto?
Sono ore intense, giorni di decisioni o indecisioni anche per la nostra nazione. Aprire le attività? Tenerle chiuse? Aprire scaglionando? 
Ormai sono queste le domande che muovono le nostre giornate, perché con grande desiderio e forza "dobbiamo" tornare alla normalità, o pseudo normalità.
Ma cos'è la normalità? Solamente il ripetere quello che poco prima della pandemia ognuno di noi faceva o svolgeva?

Il Risorto ci regala una NUOVA NORMALITÀ . Non è quella che conosciamo e abbiamo conosciuto "prima", ma è la nuova vita "dopo" la Risurrezione.
Attaccati come siamo alle nostre abitudini, fatichiamo a cedere il passo al cambiamento che sta succedendo nelle nostre vite e nella società.
Si conosce cosa si lascia, non si sa quello che si trova ..., ma la forza dei credenti, che appunto si chiama FEDE, è questa: fidarsi della Novità, che chiamiamo Gesù Risorto.
Gesù non ha abbandonato i suoi dopo la morte, quando nel cuore dei presenti, tutto sembrava finito, terminato. Gesù è presente nelle nuove vite dei suoi.

Non solo OCCHI NUOVI per una vita nuova, ma soprattutto CUORE NUOVO per testimoniare a ogni creatura che LUI è veramente risorto.
Siamo testimoni CORAGGIOSI? O SPAVENTATI e PAUROSI?

venerdì 17 aprile 2020

VENERDI DOPO PASQUA

Donaci di testimoniare
nella vita il mistero che celebriamo nella fede.

L'incontro con Gesù sulla riva del lago è un'esperienza di vita donata agli apostoli.
L'amicizia, che toglie il velo alla sofferenza e allo sconforto sconfigge ogni paura.
Ritornati al vecchio lavoro di pescatori, gli uomini del lago riprendono quello che avevano abbandonato per circa tre anni: la pesca.
Gesù inchiodato in croce aveva fatto sognare e sperare gli uomini di Galilea per un tempo ... e ora che Gesù non c'era più? Ritorna sui propri passi, riprendere quel lavoro per vivere ...

È il Signore!

Dall'affermazione del discepolo che Gesù amava come leggiamo nel vangelo, nasce nuovamente quella fede nel Maestro, in quell'uomo che passando in quei luoghi aveva chiamato per nome.
Non serve nemmeno chiedere: chi è?
La scorza dura e indurita che copriva il cuore cade, e si spalanca la GIOIA.
La manifestazione del Risorto ricalibra le vite dei pescatori, ricalcola i loro confini e orienta nuovamente sospingendo verso i quattro angoli del globo.


giovedì 16 aprile 2020

GIOVEDI DOPO PASQUA

O Padre, che da ogni parte della terra
hai riunito i popoli per lodare il tuo nome,
concedi che tutti i tuoi figli,
nati a nuova vita nelle acque del Battesimo
e animati dall'unica fede,
esprimano nelle opere l'unico amore.

La guarigione dello storpio è segno visibile dell'amore del Creatore per le sue creature. Pietro uno dei primi testimoni della resurrezione regala la sua coinvolgente testimonianza alle persone accorse al portico di Salome, una catechesi per i cuori ancora duri.

L'apparizione di Gesù Risorto ribalta ancora una volta i più scettici:«Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho».

Chiediamo al Signore Risorto il dono della fede in Lui, sentendoci comunità riunite per lodare il Suo nome.

mercoledì 15 aprile 2020

MERCOLEDI DOPO PASQUA

L'esperienza vissuta dai due discepoli di Emmaus, ancora una volta apre il nostro cuore all'incontro col Risorto.
Quante volte anche noi camminiamo carichi delle nostre certezze per il sentiero della vita, e poi in un batter d'occhio, ci smarriamo. C'é bisogno di un Amico, di un compagno che si mette al nostro fianco e dialoga con noi.

Il Risorto presente nelle nostre vite, ascolta i nostri dubbi, le nostre paure e incertezze, e solo alla fine del discorso interviene aprendo i nostri occhi e il nostro cuore. Si chiama libertà!
Non solo si è felici di averLo incontrato, ma questa gioia diventa testimonianza al mondo intero.

In questo Tempo di Pasqua chiediamo il dono dell'ascolto, dell'orecchio attento alla voce del Signore che parla per mezzo dei fratelli.

martedì 14 aprile 2020

MARTEDI DOPO PASQUA

Le lacrime accompagnano spesso la nostra vita.
Lacrime di gioia, di speranza, ma anche di dolore, di sofferenza, di mancanza.
L'incontro di Maria con Gesù Risorto genera una gioia grande. Rivedere il Maestro, ascoltare ancora una volta il suo Signore ha smosso in lei delle paure nascoste: non è tutto finito, perché Gesù è VIVO.
La notizia talmente sconvolgente da essere annunciata: ho visto il Signore!

In questi giorni di Pasqua, sforziamoci di "vedere" il Signore Risorto nelle nostre vite. Stiamo vivendo un tempo particolare, ma la dolce e consolante Parola di Dio, ogni giorno ci accompagna nelle fatiche quotidiane.
Che la nostra vita si trasformi in gioia, abbandonando il dolore e il clima di tristezza che sta prendendo sempre più piede.

lunedì 13 aprile 2020

LUNEDI DOPO PASQUA

Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

Il timore, la paura e la speranza s'incontrano alla vista e nell'ascolto del RISORTO.
Il sepolcro è vuoto, correre a dare l'annuncio al mondo è troppo importante ...
Anche le guardie che erano a custodia del sepolcro, corrono, per annunciare la notizia. Una notizia però differente che capovolgerà il significato della risurrezione, ma testimonierà l'accaduto.


La Pasqua sconfigga il nostro peccato,
frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi e perfino la morte, dal versante giusto: quello del "terzo giorno".
Da quel versante, il luogo del cranio ci apparirà come il Tabor.
Le croci sembreranno antenne, piazzate per farci udire la musica del Cielo.
Le sofferenze del mondo non saranno per noi i rantoli dell'agonia, ma i travagli del parto.
E le stigmate lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d'ora le luci di un mondo nuovo!

don Tonino Bello

domenica 12 aprile 2020

SANTA PASQUA

Alla vittima pasquale,
s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
L'Agnello ha redento il suo gregge,
l'Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.

Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

sabato 11 aprile 2020

Auguri pasquali alle comunità

TERZA

terza 
  
Locatello 
sabato 11 aprile 2mila20
Sabato Santo


  




Affermativo affermativo
Qui ce n'è uno, vivo
Affermativo affermativo
Qui ce n'è uno, vivo
Affermativo affermativo
Qui ce n'è uno, vivo
Affermativo affermativo
Qui ce n'è uno, vivo
Affermativo affermativo
Qui ce n'è uno, vivo
Affermativo affermativo
Qui ce n'è uno, vivo
Affermativo affermativo
Qui ce n'è uno, vivo
Affermativo affermativo

Affermativo e unico
Anche se nel marasma
Esisto, sono qui, non sono un fantasma





Affermativo, Jovanotti






“È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Mt 28,5

Una notizia sconvolgente riempie la vita delle donne accorse a visitare la tomba di Gesù. Certo avevano sentito parlare di Regno dei Cieli, di Figlio di Dio, di risurrezione dai morti … ma tra il dire e il fare, spesso un briciolo di fatica si fa sentire. 
Non solo è scioccante l’ascolto che il loro amico, il Signore e Maestro ha lasciato quel luogo di morte, ma l’incontro con Lui Risorto le lascia smarrite. Abbracciare i Suoi piedi e adorarlo è solo un’anticipazione della gioia futura. Non c’è tempo ora per questo, “dovete” ANNUNCIARE a tutti di andare in Galilea.
Questa prima apparizione del Risorto, scarna e veloce è solo un aperitivo della futura Cena che poi si consumerà.
“L’improvvisazione” della Risurrezione non piace a nessuno, mette solo l’acquolina in bocca, meglio prepararsi degnamente alla circostanza. Per vivere l’appuntamento della Galilea però ci si deve spostare fisicamente e non solo. Lasciare la Città Santa per eccellenza e ritornare alle radici, al primo incontro sulle rive del lago … gambe che si muovono e cuore che cammina!

Affermativo affermativo
Qui ce n'è uno, vivo
Affermativo affermativo
Affermativo e unico
Anche se nel marasma
Esisto, sono qui, non sono un fantasma

La pandemia che stiamo vivendo ha modificato la nostra vita in totalità. Le nostre relazioni interpersonali mutate in lunghe telefonate, chat e videochiamate … i riti della Settimana Santa vissuti in maniera differente, da casa. Cosa ci sta dicendo questo pezzo di storia? 
Eppure Gesù è RISORTO anche nel pieno di questa grande fatica.
La LUCE che vince sulle tenebre e sul buio del nostro vivere. Non è una forzatura cercare ovunque la positività, ma è questione di andare nuovamente alla nostra Galilea, ripartire dall’inizio …
Il pezzo della canzone messo come incipit di queste righe squarcia quel velo opaco delle nostre giornate. Da stasera e per cinquanta giorni vivremo la GIOIA del RISORTO, degli incontri di vita e di vite.

Il pomeriggio del Venerdì Santo, nella grande preghiera della chiesa delle tre del pomeriggio, vissuta dalla comoda poltrona, pensavo alla gioia …
Può essere che suona strano vedere gioia il Venerdì Santo, celebrarlo senza la comunità, in casa ecc … ecc…, dove mi piace dire eccetera eccetera per non ricadere nei soliti discorsi informativi. 
L’orazione sul popolo, a conclusione della preghiera diceva: 

Scenda, o Padre, la tua benedizione
su questo popolo,
che ha commemorato la morte del tuo Figlio
nella speranza di risorgere con lui;
venga il perdono e la consolazione,
si accresca la fede,
si rafforzi la certezza nella redenzione eterna.

e la nota scritta in rosso sul messale continuava: 
e l’assemblea si scioglie in silenzio.

Due sono state le attenzioni, quella del “popolo che ha commemorato” e “l’assemblea si scioglie in silenzio”.
I miei occhi non han visto popolo, né gente, ne folla, né assemblea, ma la grande comunità di credenti che in quel momento si era fermata per la preghiera. L’altra riflessione è nata dalla nota in rosso: “si scioglie in silenzio”.
Il silenzio è una delle caratteristiche fondanti della preghiera, si prega anche senza far uscire dalla nostra gola dei suoni. Quel silenzio che non era vuoto, ma pieno di volti, di suoni, di voci, di risate … di affetto.

Questa Pasqua sia per tutti nuovamente una possibilità. Siamo circondati da possibilità ogni momento! A noi la decisione di affrontarle con spirito nuovo.
L’espressione delle ultime notizie utilizza un termine nuovo: riconversione. Riconversione dell’economia, dei lavori nelle fabbriche, del lavoro … che sia cosi anche per noi che tentiamo di credere ogni giorno: la riconversione nel RISORTO e alla VITA!









Auguri per una Santa Pasqua!
Un annuncio





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